L'imbroglio sui dossier: vendevano file già noti

Il team di Gallo contrabbandò il falso report su Eni. "Ero nei servizi con Mancini e Tavaroli"

L'ex poliziotto Carmine Gallo
L'ex poliziotto Carmine Gallo
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Vendere come segreti di Stato carte già pubbliche, presentare come dossier da 007 atti processuali da mesi depositati in cancelleria. C'era anche questo tra i business di Equalize, la società dell'ex poliziotto Carmine Gallo al centro della rete di hackeraggi e accessi abusivi. Il caso più vistoso è quello che riguarda Eni, che vede il suo capo dell'ufficio legale Stefano Speroni ora indagato per avere commissionato a Gallo un report sull'imprenditore petrolifero calabrese Vincenzo Mazzagatti. Il 30 settembre 2022 il vice di Gallo, Samuele Calamucci, dice al suo capo: «Con i report che abbiamo noi in mano possiamo sputtanare tutta l'Italia. Adesso abbiamo trovato le foto ... me le hanno trovate i ragazzi della Procura, di Amara e Mazzagatti con quarantamila euro sul tavolo che festeggiano». Per gli inquirenti, è la conferma che gli spioni di Equalize hanno talpe nella Procura di Milano. Peccato che quella foto fosse riportata in una informativa della Finanza agli atti di uno dei processi Eni, depositata nel dicembre 2021. In pratica, Equalize riesce a rivendere al gruppo petrolifero di Stato materiale che i suoi legali interni avevano già a disposizione. La frase di Calamucci sui «ragazzi della Procura» suona a quel punto come una sorta di millanteria.

Adesso che il castello è crollato, gli indagati puntano a liquidare la propria attività proprio come un sapiente collage di notizie disponibili su fonti aperte e camuffate da report esclusivi. Ieri iniziano i primi interrogatori, sia Gallo che Calamucci si avvalgono della facoltà di non rispondere ma il secondo spiega al giudice che negli atti «da quello che ho letto ci sono delle esagerazioni perché si rappresentano fatti che sono impossibili dal punto di vista empirico», come le violazioni del database del Viminale. Per raccogliere notizie, Gallo e Calamucci pare sostengano di essersi affidati al sistema più banale, gli accessi abusivi alle banche dati compiuti per loro conto dal finanziere Giuliano Schiano e dal poliziotto Marco Malerba («è stato uno scambio di favori con Gallo che era il mio capo, non ho saputo dirgli di no», dice ieri Malerba al giudice).

Ma accanto alle vanterie e agli accessi abusivi - che sono reati ma che avvengono da che mondo è mondo - nelle carte dell'indagine ci sono, inequivocabili, anche gli hackeraggi, i furti con scasso compiuti in banche dati in teoria inviolabili, i trojan abusivi installati nei telefoni. Una realtà sulla quale uno dei due hacker arrestati insieme a Gallo, due smanettoni finiti in un guaio più grosso di loro, ieri dice al giudice: «Ho capito che dietro c'era qualcosa di oscuro e temo per la mia incolumità e quella della mia famiglia».

«Qualcosa di oscuro» che non può ridursi a una banda di piazzisti di estratti conto e precedenti penali. La Procura di Milano è convinta di essere davanti a una struttura con agganci importanti dentro le istituzioni e nell'intelligence. E quando ieri gli avvocati di Gallo dicono ai cronisti «Gallo è un servitore dello Stato» sembrano confermare quale sarà la linea difensiva. Se gravi reati sono stati commessi, come è innegabile, sono avvenuti a fini istituzionali: questo è il messaggio dell'ex superpoliziotto.

D'altronde, dalle carte emerge una intercettazione in cui lo stesso Gallo dice di avere lavorato nei servizi segreti insieme a Marco Mancini, ex capodivisione del Sismi, e a Giuliano Tavaroli, già capo della sicurezza di Telecom: «Pure con Mancini eravamo amici, è tutta gente che io ho conosciuto quando eravamo ai servizi, tutti insieme eravamo con Giuliano Tavaroli (...) gli ho fatto pure dei favori, lui ne ha fatti anche a me parecchi». Per la Procura «non appare frutto di una millanteria», anche se in realtà Tavaroli non è mai appartenuto ai servizi e Mancini è stato dossierato da Gallo. Ma l'intercettazione finisce comunque ad alimentare il quadro di una «zona grigia» tra affari privati e istituzioni in cui la struttura milanese si muoveva con dimestichezza.

Quanto sarebbe andata avanti la cosa se Gallo non fosse inciampato per caso (questa è la versione ufficiale) in una indagine per criminalità dei carabinieri di Varese? Ieri Matteo Renzi a Mattino 5 si chiede dove fossero in questi anni i sistemi governativi di controllo e sicurezza,

«diamo un sacco di soldi a tanta gente per non far niente nelle varie agenzie istituzionali», «chi deve controllare ci deve spiegare cosa ha fatto fino ad oggi, perché se si sono fatti una dormita collettiva è inaccettabile».

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