Una corsa contro il tempo: sessantadue giorni per individuare il reato, ipotizzarne l'autore giusto, iscriverlo nel registro degli indagati e fare trapelare la notizia ai giornali amici. La decisione senza precedenti del presidente della Repubblica di una campagna elettorale-lampo nel pieno delle vacanze estive rischia di mettere in crisi il meccanismo che da trent'anni consente alle inchieste giudiziarie di fare irruzione a colpi di avvisi di garanzia nelle elezioni politiche e amministrative. Ormai un classico: a ridosso del voto, ecco lo scoop sul politico incriminato. Quasi sempre del solito schieramento.
Non è detto però che il partito dei pm-attivisti si arrenda, rinunciando a fare sentire la sua voce. Sessantatré giorni sono pochi ma non pochissimi. E poi in fondo non serve neanche trovare nuovi spunti. Basta riaprire vecchi armadi, inchieste sonnacchiose, e accelerare bruscamente. Da qua al 25 settembre, insomma, non serve la sfera di cristallo per prevedere novità più o meno sconvolgenti in arrivo da questa o quella Procura su candidati del centrodestra.
Ci sono anche casi in cui non serve neanche accelerare, basta lasciare che il calendario segua il suo corso. É il caso del processo al governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana, già prosciolto con formula piena in udienza preliminare, che però la Procura insiste per portare a giudizio: il fascicolo non si sa bene dove sia finito, partito dal settimo piano ma non è arrivato al terzo, facile scommettere che rispunterà in tempo utile per la campagna elettorale. Altrettanto facile prevedere che a breve ci saranno novità su un'inchiesta ancora più mediatica, quella sui presunti affari della Lega in terra di Russia che ruota intorno all'emissario di Matteo Salvini, Gianluca Savoini: inchiesta destinata all'archiviazione, perché delle presunte creste su petrolio e affini non è stata trovata prova, ma c'è da stare certi che anche la archiviazione potrà essere usata, frugando tra le righe, contro il Carroccio. D'altronde Savoini si presta bene a colpire quel pezzo di centrodestra che era rimasto fuori dalle mire delle Procure fin quando era un elemento secondario dello schieramento, e che ora invece sta subendo colpi a raffica: come l'indagine, scaturita da un'inchiesta di Fanpage, sui finanziamenti in nero che attraverso una improbabile contessa georgiana sarebbero stati accettati (ma mai incassati) da Fdi. E anche lì compare il nome di Savoini. Se Fdi in questo momento è il bersaglio più ghiotto, facile ipotizzare che salti fuori anche qualche indagine per ricostituzione del partito fascista che porti nel registro degli indagati personaggi più o meno marginali, o anche solo alleati occasionali, del partito di Giorgia Meloni.
Ma tutto questo è quasi acqua fresca rispetto a ciò che si sta preparando a Firenze, e che non ha come bersagli la Lega o Fdi ma il socio fondatore dell'alleanza, ovvero Silvio Berlusconi.
Nonostante una serie interminabile di fallimenti, i pm del capoluogo toscano continuano a indagare il Cavaliere con la accusa più pesante di tutte, quella di essere stato il mandante delle stragi mafiose del 1993. Una serie di atti, in teoria coperti da segreto, sono stati fatti uscire già a ridosso della crisi. Se Berlusconi si candiderà, ne usciranno degli altri. Poco ma sicuro.
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