La linea del governo non cambia (per ora): nessuno scambio tra il Mes e il nuovo Patto

Giorgetti deciso a non accelerare la ratifica del salva-Stati in nome della flessibilità

La linea del governo non cambia (per ora): nessuno scambio tra il Mes e il nuovo Patto
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Nessun ripensamento, nessuna marcia indietro e, soprattutto, nessuna deviazione dal sentiero intrapreso. È quanto ribadiscono fonti di governo rispetto alle sempre più ricorrenti indiscrezioni circa una disponibilità dell'Italia a «trattare» in sede europea. Lo sblocco della terza rata del Pnrr e una maggiore sensibilità alle richieste sul nuovo Patto di Stabilità e su alcune nomine, a partire dalla presidenza della Bei, secondo alcuni rumor provenienti da Bruxelles e da Roma, potrebbero rendere più agevole il percorso di ratifica del Mes, visto che l'Italia è l'ultimo Paese a non aver ancora messo il proprio sì nero su bianco.

Il Meccanismo europeo di stabilità dovrebbe diventare anche il paracadute del Fondo unico di risoluzione bancaria. La mancata ratifica italiana è legata proprio a questa dinamica: giacché la valutazione della sostenibilità del debito viene effettuata su basi esclusivamente tecniche. Nel caso di una richiesta d'aiuto al Salva-stati, in linea teorica, l'Italia potrebbe essere «costretta» al ripudio del suo maxi-debito da oltre 2.800 miliardi di euro se venisse giudicato come non facilmente onorabile. Si tratta della stessa valutazione che, allo stato attuale, collocherebbe i Paesi in tre differenti griglie rispetto al nuovo Patto di Stabilità che, oltre questo, prevede anche la riduzione del deficit pari all'1% del Pil su base pluriennale (per il nostro Paese un impegno tra 4,5 e 8,5 miliardi su una scansione di 4 o di 7 anni del piano di rientro).

All'Eurogruppo di venerdì a Santiago i ministri dell'area euro chiederanno un aggiornamento a titolare del Tesoro, Giancarlo Giorgetti (in foto). Il ddl di ratifica del Mes è atteso in Aula a novembre e il dibattito sarà acceso per i motivi sopra esposti e per la sostanziale contrarietà di Lega, M5s e, storicamente, di Fdi, chiamata a un esercizio di Realpolitik. «Siamo molto consapevoli della sensibilità del tema in Italia e ovviamente rispettiamo pienamente il processo parlamentare - ha spiegato un funzionario europeo - ma auspichiamo una conclusione positiva del processo quanto prima». Il governo, come detto, non intende modificare i propri programmi sia sulla ratifica del Mes che sulla trattativa per il Patto di Stabilità in merito al quale è stata chiesta l'esclusione degli investimenti nella transizione green e digitale nonché per il sostegno all'Ucraina dal computo del deficit. Una posizione che vede Francia e Spagna più vicine all'Italia.

Gli stessi Paesi sono, però, divisi sul fronte delle nomine. L'Eurogruppo darà, infatti, il via libera alla designazione di Piero Cipollone nel direttivo della Bce al posto di Fabio Panetta, prossimo governatore di Bankitalia. Già domani è attesa la nomina del sostituto dell'italiano Andrea Enria alla supervisione bancaria europea. In gara ci sono la tedesca Claudia Buch e la spagnola Margarita Delgado. Se prevalesse Buch, sarebbe più semplice proporre la vicepremier spagnola Nadia Calviño alla presidenza Bei. La vittoria di Delgado fermerebbe la connazionale, visto che spagnolo è anche il vicepresidente della Bce Luis De Guindos. In gara per la Bei ci sono anche la commissaria danese alla concorrenza europea Margrethe Vestager e l'ex ministro italiano Daniele Franco, oltre a due interni.

Franco è l'unica figura «tecnica», il direttore generale ed ex ministro, non ha un colore politico a differenza della socialista Calviño e della liberale Vestager. Un vantaggio competitivo non indifferente anche per l'Italia.

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