L'inferno di Claudio tra intimidazioni e ossessioni. "Qui so' tutti ladri"

In un blog il 57enne arrestato se la prendeva coi vicini e col sindaco. La casa fatiscente senza acqua né luce, sui social deliri nazifascisti. Dieci anni fa la morte di un figlio adolescente

L'inferno di Claudio tra intimidazioni e ossessioni. "Qui so' tutti ladri"

«Mi tengono al buio, si spara meglio». Claudio Campiti, 57 anni, viveva come un eremita nel residence Valleverde, sul Turano, fra i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda. Nel reatino era arrivato una quindicina di anni fa da Ladispoli, dopo la separazione dalla moglie imprenditrice e dai tre figli adolescenti. Poi la tragedia nel 2012 quando un figlio 14enne, Romano Campiti, muore in slittino su una pista della Croda Rossa in Val Pusteria. Un incidente che lo segna per sempre. Al processo contro l'ad della Drei Zinnen spa e il maestro di sci, nel 2017, la condanna per violazione delle norme di sicurezza e il risarcimento per lui di 240mila euro. Ma Campiti ce l'ha con il mondo intero. La sua abitazione, mai ultimata, è l'unica del consorzio senza acqua corrente ed energia elettrica. Avrebbe dovuto eseguire i lavori di allaccio alla rete fognaria ma non verranno mai effettuati tanto che il Comune gli chiede la restituzione del finanziamento. Campiti, insomma, vive di denunce, aggressioni verbali, risentimento verso tutti i suoi vicini. Non lavora, sopravvive con quello che gli resta e con il reddito di cittadinanza. Sul suo profilo fb Campiti posta foto con fasci littori, soldatini con i volti di Hitler e Mussolini e il motto del ventennio «Molti nemici, molto onore». Ma è su un blog messo in rete nel novembre del 2021 che Campiti esprime tutta la sua rabbia contro i 300 consorziati, i sindaci di Ascrea e Rocca Sinibalda, il prefetto, le istituzioni tutte. «Benvenuti all'Inferno» il titolo del suo diario/denuncia. «Qui con il codice penale lo Stato ci va al cesso - scrive -. Qui so' tutti ladri. È un feudo concesso dallo Stato al consorzio Valleverde. Lui ha legalizzato la mafia... con sgherri della Procura e della Prefettura che girano per il consorzio».

A torso nudo nelle aree comuni, Campiti faceva davvero paura. Sulla sua abitazione affigge uno striscione: «Consorzio Raus». Per lui Valleverde somiglia più a un campo di concentramento che a un residence. Se la prende soprattutto con Lino De Santis, uno dei feriti al bar «Il Posto Giusto». «Boscaiolo - scrive -, sostenitore del Sindaco di Ascrea e presente con la famiglia in consiglio comunale. Questa persona sin dal primo giorno che ho messo piede in questo territorio di merda si è aggirato insieme al suo boss Mario Ferrara. Scorrazzano in continuazione nel territorio del Consorzio (roba loro come dicono pure) passando più volte anche davanti alla mia abitazione». Poi passa all'attacco di Bruna Marelli, la presidente ferita anche lei durante la sparatoria: «Una strega sotto spoglie di brava nonnina. Una recita intimidatoria avveniva quando mi ritrovavo a parlarci nella sede del consorzio, lei faceva la parte della persona perbene mentre il mastino napoletano Luciana Ciorba senza motivo interveniva digrignando i denti e abbaiando». Non accetta regole e statuto, Campiti. Se la prende persino con i cani senza guinzaglio all'interno del consorzio. «È vietato lasciarli liberi fuori dalle proprietà - continua sul blog - e ai trasgressori è prevista un'ammenda. Funzioni di polizia, ma non per tutti». Lamenta di essere lasciato senza illuminazione pubblica. «Il lampione davanti alla mia abitazione si spegne regolarmente alle 11,50 o 12,50 a seconda dell'ora legale ed è l'unico che lo fa lasciandomi regolarmente al buio tutta la notte. Ora poi deve essersi esaurita la lampadina e praticamente è sempre spento. Mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione, si sa al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità». Una personalità bipolare, paranoica, con manie di persecuzione. «Una lucida follia - spiega il criminologo Carmelo Lavorino -, in preda soltanto a un desiderio di rivalsa, di farsi giustizia da solo. La strage gli conferisce un'enorme gratificazione.

Un soggetto che ha perso sicuramente il contatto con la realtà, i freni inibitori della logica, in preda dei propri fantasmi ma perfettamente in grado di intendere e di volere. Un soggetto comunque atipico. Ha pianificato con calma, scientificamente, la propria azione».

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