L'inflazione cresce ancora. I risparmi delle famiglie adesso non bastano più

Il caro-vita a ottobre sale all’11,9%, un livello record dal 1984. I sindacati chiedono interventi. Indagine Acri: gli italiani spaventati, consumi ridotti

L'inflazione cresce ancora. I risparmi delle famiglie adesso non bastano più

Altro che plateau, l'inflazione in Italia prende il volo e sfonda la doppia cifra. A ottobre il dato ha fatto segnare un +3,5% su base mensile portandosi a un 11,9% su base annua (contro l'8,9% di appena un mese fa). A rivelarlo è l'Istat, che evidenzia un dato più doloroso delle attese e riporta il Paese indietro di quasi 40 anni: per trovare un dato simile, infatti, bisogna andare a ritroso nelle serie storiche fino al 1984. Lo scatto dei prezzi è motivato per lo più dai beni energetici (+73,2% su base annua), sia regolamentati che non.

Il macigno dell'energia ha finito per riversarsi anche sul carrello della spesa, con i beni alimentari, per la cura della casa e della persona che passano nel mese da +10,9% a +12,7%, e quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto da +8,4% a +8,9%. Anche se in misura minore, i prezzi galoppano anche se si escludono gli energetici e gli alimentari freschi, con il dato di fondo che è al 5,3 per cento. Ecco perché il segretario della Cisl, Luigi Sbarra ha chiesto che «il governo intervenga con provvedimenti rapidi ed efficaci per fermare la corsa dei prezzi di energia e beni alimentari: serve un grande accordo per una nuova politica dei redditi che salvaguardi salari e pensioni dall'impennata inflattiva».

Una situazione micidiale, che rischia di fare a pezzi anche l'immagine di grandi risparmiatori degli italiani. Secondo un'indagine Acri-Ipsos, infatti, sebbene il risparmio delle famiglia resti su quote elevate, il caro vita del 2022 ha eroso in modo consistente la capacità di mettere da parte un gruzzolo a fine mese. Anzi, aumentano le persone che attingono alle proprie riserve accumulate negli scorsi anni o, peggio, ricorrono a prestiti per fare fronte alle maggiori spese. Ciò fa sì che si riducano le famiglie in grado di far fronte con mezzi propri alle difficoltà: il 39% (contro il 42% del 2021) potrebbe affrontare con serenità una spesa imprevista pari a 10.000 euro, il 75% (era il 79%) una di 1.000. L'abitudine a fare i conti con i prezzi di corsa sta portando le persone anche a modificare la propria struttura dei consumi: sempre l'indagine Acri-Ipsos rivela che, in prevalenza, gli intervistati segnalano di aver accresciuto il proprio budget per medicinali, visite di controllo ed esami e di aver ripreso a spendere in cinema, teatri e concerti che avevano subito una forte battuta di arresto anche per i lockdown. Qualche ripresa per ristoranti e bar, che restano tuttavia inferiori ai livelli pre pandemia, e i consumi legati alla mobilità (auto-moto e spostamenti). Il clima euforico emerso con forza nel 2021 si è già spento sotto i colpi dei rincari, tanto che l'entusiasmo sul clima economico è tornato ai livelli del 2020. È cresciuta la quota di chi è molto insoddisfatto della situazione economica familiare: una famiglia su cinque. E vi è un generale clima di pessimismo guardando ai prossimi 2 o 3 anni.

La situazione rischia di compromettere anche l'accesso al credito di famiglie e imprese. La Vigilanza della Bce, guidata da Andrea Enria, sin dall'estate scorsa ha avviato un processo di monitoraggio delle procedure di concessione dei finanziamenti. Nel mirino le aziende che, da un lato, risentono dei rincari delle materie prime (manifatturiero, chimica, ceramica, vetro, ecc.) e, dall'altro lato, quelle più sensibili a un rialzo dei tassi (credito al consumo, immobiliare residenziale e commerciale). È chiaro che l'applicazione di parametri stringenti, come l'indebitamento in relazione alla redditività, potrebbe comportare una stretta. In realtà, la Bce non può essere definita «severa» perché alle banche è lasciata libertà di scelta sull'impiego del capitale, ossia se destinarlo come remunerazione agli azionisti o se impiegarlo per effettuare prestiti.

È chiaro che agli istituti di credito si chiede attenzione anche perché la direttiva europea sui salvataggi è chiara. Anche se, pare di capire dalle parti di Francoforte, l'intransigenza di alcuni Paesi del Nord sulla condivisione dei rischi rischia di compromettere la creazione di una vera e propria unione bancaria.

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