L'intelligence francese salvata dagli 007 marocchini

Senza le loro "soffiate" gli stragisti di Parigi l'avrebbero fatta franca

Abdelhamid Abaaoud su Dabiq
Abdelhamid Abaaoud su Dabiq

nostro inviato a Rabat (Marocco)

C'è una pista marocchina da seguire per mettere insieme i pezzi della debacle dei servizi di sicurezza francesi. E conduce a Rabat, 1800 chilometri più a sud di Parigi, nei nuovi uffici del Central Bureau of Judicial Investigation, un servizio di intelligence sul modello Fbi creato da pochi mesi per volontà del re Mohammed VI (volato l'altro giorno a Parigi per esprimere le condoglianze al presidente Hollande), nato dalla Direction Genérale de le Surveillance du Territoire diretta da Abdellatif Hammouchi e specializzato proprio nell'antiterrorismo. I funzionari del controspionaggio di Rabat guidati da Abdelhak Khayam, ex capo della Brigade nationale de la policie judiciaire del Marocco, lavorano da tempo a stretto contatto con i colleghi europei e in particolare quelli della Francia, il loro ex impero coloniale, per tracciare i movimenti di sospetti jihadisti e smantellare prima che colpiscano le cellule dell'estremismo islamista. Ma qualche volta gli allarmi si inceppano negli uffici d'oltralpe, anche quando la minima sottovalutazione può costare cara. Da mesi gli uomini del Bureau di Rabat tenevano sotto controllo Abdelhamid Abaaoud, il terrorista di origini marocchine che ha architettato la strage del 13 novembre. E con lui, nei dossier, erano tracciati i famigliari considerati implicati nella rete jihadista, come la cugina Hasna Aitboulahcen, la possibile kamikaze di Saint Denis. E non è un dettaglio che un fratello minore di Abaaoud, Yassine, sia stato arrestato dalla polizia marocchina pochi mesi fa appena l'aereo su cui era imbarcato è atterrato ad Agadir e tuttora sia detenuto nel carcere della città.

Tutte informazioni diventate cruciali nelle ore successive agli attentati, quando gli investigatori francesi sembrano brancolare nel buio alla ricerca dei possibili autori. È a quel punto che succede qualcosa di imprevedibile. Sono i servizi marocchini, infatti, a guidare a distanza i francesi, mettendoli sulla pista giusta, in un frangente in cui ogni minuto è prezioso e ogni esitazione fatale. Dai servizi segreti di Rabat - alcuni dei loro 007 vengono chiamati a Parigi per aiutare le indagini - parte un'informativa che suggerisce alla polizia parigina il nome di Abaaoud. A quel punto i francesi - ci spiega una fonte molto vicina al Fbi marocchino - rispondono che Abaaoud risulta a loro essere in Siria, come dimostra anche un video propagandistico diffuso dai siti riconducibili all'Isis dove si vede appunto il giovane terrorista. Una trappola per sviare le indagini, a cui i francesi sembrano però credere. Dal dossier marocchino risulta invece che Abaaoud, dopo l'addestramento in Siria, è tornato in Europa attraverso la Turchia e poi Grecia, con l'obiettivo di compiere un attentato in Francia. La pista da seguire è dunque quella che conduce a Molenbeek, la periferia degradata di Bruxelles dove abitava il terrorista, una banlieue che gli 007 di Rabat monitorano da anni (la polizia marocchina ha arrestato in passato Ali Arras, altro estremista belga-marocchino che a Molenbeek gestiva una libreria destinata alla vendita di libri di islamismo radicale e poi Abdelkader Belliraj, fondamentalista uscito sempre dalla banlieue belga). Quella è l'informazione fondamentale che mette la polizia francese sulle tracce di Abaaoud, anche se non è farina del sacco francese. Questo accade nella notte di sangue di venerdì.

Ma lo stesso copione si ripete poche ore dopo, sabato mattina, con l'altro stragista Salah Abdeslam. L'imbeccata giusta viene ancora una volta da fuori, ancora una volta dal Marocco. È sempre la fonte vicina ai servizi marocchini a confermarci che all'indomani degli attentati gli inquirenti francesi vengono informati da Rabat di uno spostamento molto sospetto da parte di Salah Abdeslam, il suo passaggio dal Belgio in Francia il giorno della strage e il suo ritorno a Molenbeek il giorno successivo. A quel punto restano pochi dubbi sull'identità dei due terroristi ricercati, ma si dimostrano ancora essenziali le informazioni sulla rete famigliare di Abaaoud per risalire al covo di Saint Denis dove il gruppo si è asserragliato. È grazie alla dritta arrivata dal Marocco, spiega il quotidiano francese Les Echos, che la Direction générale de la sécurité intérieure francese mette sotto ascolto il telefono di Hasna AitBoulahcen, e dalle intercettazioni rileva la presenza dell'attentatore nell'appartamento di Saint Denis, teatro del sanguinoso blitz dei reparti speciali.

«Attentati di Parigi: il ruolo determinante del Marocco nella localizzazione dei terroristi» titola France24, è così altre testate transalpine. È una versione edulcorata di una domanda ben più inquietante: cosa sarebbe successo senza l'aiuto di quelle informazioni?

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