"I nostri figli disabili sono stati abbandonati dal governo. Questo è inaccettabile". Il durissimo sfogo da parte di molte famiglie è comprensibile: già messi a dura prova dalla rigida quarantena nella fase 1 dell'emergenza Coronavirus, i genitori lamentano di essere stati lasciati soli dallo Stato. L'esecutivo avrebbe dovuto prestare più attenzione e affrontare il tema con maggiore pragmaticità, ma a volte neanche le parole sono state utilizzate. "Nel suo discorso non si è parlato della parola disabile", è l'accusa che viene rivolta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Un periodo davvero difficile per tutti, ma che lo è in misura più drastica per tutte quelle famiglie - e sono davvero tante - che hanno una persona con disabilità in casa da gestire: "Personalmente ritengo che si poteva e si doveva fare di più per garantire un maggior sollievo a famiglie che di fatto, al di là dei proclami, sono state lasciate in balia di se stesse".
A parlare in esclusiva a ilGiornale.it è Andrea Buragina, padre di un ragazzo autistico, che ha inviato una lettera al premier per evidenziare i tanti disagi e gli innumerevoli aiuti mancati. Lo scorso autunno, quando si è passati dal Conte 1 al Conte bis, ci si è persi per strada il Ministero della Disabilità: all'epoca questo aveva alimentato più di una perplessità, ma i giallorossi avevano dato ampie garanzie in merito al fatto che non si sarebbe trattato di un disimpegno. "Certo, se guardiamo ora ai fatti e all'attenzione dedicata dal nostro presidente del Consiglio, che ricordo ha in capo le deleghe della disabilità, si tratta di una posizione difficile da sostenere", osserva il socio dell'Angsa Lombardia (Associazione nazionale genitori soggetti autistici).
"Solo tante task force"
L'uomo, come indicato anche nella missiva che tra l'altro al momento non ha avuto alcuna risposta, è rimasto molto perplesso nell'osservare che il 20 aprile - in occasione dell'ultimo discorso fatto dall'avvocato ai cittadini italiani - non sia stata nemmeno pronunciata la parola "disabilità". Eppure in quell'occasione si è parlato di ripartenza "e per molti genitori di bambini e ragazzi autistici (ma non solo), in presenza di scuole ancora chiuse, è stato scioccante non avere certezza dell'estensione di quelle misure che erano state adottate nei due mesi precedenti, e che sono poi arrivate solo ad una settimana circa di distanza. Quello che mancano, sono ora i servizi ed è su questo che bisogna lavorare".
I problemi di didattica che una chiusura così prolungata delle scuole può procurare sono purtroppo evidenti, specialmente nel caso di soggetti autistici che sono abituati alla loro routine e che necessitano di percorsi personalizzati: "Una personalizzazione che già a scuola è difficile assicurare per via del taglio progressivo delle ore di sostegno (non vi è di fatto mai un rapporto 1:1), cosa che rende sostanzialmente impossibile la sua implementazione a distanza". E come se non bastasse ad alcuni non è proprio possibile erogare delle lezioni in remoto: "Questi rimangono quindi in balia dei propri genitori, a cui ora nella cosiddetta fase 2 si chiede di ritornare a lavorare, mantenendo però le porte delle scuole chiuse e senza garantire loro misure alternative di sostegno". La richiesta è quella di lavorare sul sostegno domiciliare, come evidenziato anche dal presidente di Angsa Lombardia, Anna Curtarelli Bovi. Poche scuole, si riporta in una lettera inviata il 7 maggio al ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, si sono mosse in maniera proattiva suggerendo ai propri utenti un servizio di questo tipo: "Si tratta però di una soluzione che è già formalmente prevista nell'articolo 48 del decreto 'Cura Italia' del 17 marzo 2020 ma che di fatto è quasi impossibile implementare". E abbiamo già visto come ci sia la beffa pure sul bonus da 600 euro.
Quella delle task force è stata una prerogativa del governo Conte: ne sono state fatte tante e tutte hanno visto coinvolgere un numero infinito di esperti. "Pochi (forse nessuno) mi risulta quelli dedicati alla disabilità", denuncia Andrea. Guardando alla ripresa della scuola che, stando alle ultime notizie, prevede una frequenza fisica solo parziale, avrebbe senso darne priorità agli alunni con disabilità: "Nel caso specifico di bambini e ragazzi autistici c'è infatti anche un tema di socialità/inclusività che solo la frequenza di persona garantirebbe". Anche questo punto è stato sollevato da Angsa Lombardia nella comunicazione inviata, confidando di essere preso nella dovuta considerazione. Passare delle parole, che spesso sono anche mancate, ai fatti: questo è l'auspicio.
Più in generale si tratterebbe di fare ciò che la politica dovrebbe fare in questi casi: "Ascoltare le persone e le associazioni di riferimento trovando delle soluzioni a dei problemi che sono sotto gli occhi di tutti; spero anche sotto quelli di coloro che sono chiamati a prendere delle decisioni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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