L'Iran esprime per la prima volta la sua posizione ufficiale sul caso Cecilia Sala. E cioè, non esiste alcun collegamento tra il suo arresto a Teheran e quello di Mohammad Abedini Najafabadi a Milano. A sottolinearlo è il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei. «La giornalista italiana è stata detenuta per violazione delle leggi iraniane», mentre, al contrario, «la misura degli Stati Uniti contro Abedini è una sorta di presa di ostaggi», ha tuonato Baghaei. Ha poi anche spiegato che il caso della reporter 29enne, arrestata il 19 dicembre e ora detenuta nel famigerato carcere di Evin, è oggetto di un'inchiesta.
Il regime degli Ayatollah fa pure sapere che «l'annuncio sugli ultimi sviluppi e i dettagli del caso spetta al portavoce della magistratura (Asghar Jahangir, ndr)». Il comunicato settimanale non specifica tuttavia quali sono le accuse a carico di Sala, detenuta ormai da oltre due settimane in regime di isolamento. Ma il punto più importante delle dichiarazioni di Baghaei è probabilmente questo: «Ci opponiamo al fatto che cittadini iraniani siano perseguiti ed estradati da alcuni Paesi su richiesta degli Stati Uniti. La nostra richiesta a queste nazioni è di non lasciare che le loro relazioni bilaterali con l'Iran siano influenzate dalle richieste illegali di terzi». Il riferimento è ovviamente alla domanda di Washington a Roma di arrestare ed estradare Abedini. L'uomo, ingegnere, è stato fermato il 16 dicembre a Malpensa, tre giorni prima dell'arresto di Sala, ed è ora detenuto nel carcere di Opera per aver esportato in Iran tecnologia sensibile statunitense, a duplice uso civile e militare, montata sui droni in uso ai Pasdaran. In particolare, il sistema di navigazione del modello di drone che il 28 gennaio 2024 uccise in un avamposto giordano tre soldati americani e ferì altre 38 persone. Abedini è anche accusato di aver violato le sanzioni americane.
La teocrazia di Teheran ha definito l'arresto di Abedini «illegale e in linea con gli obiettivi politici ostili Usa» e ha detto di aspettarsi che «Roma rigetti la politica sugli ostaggi degli Stati Uniti e crei le condizioni per il rilascio» del cittadino iraniano. A chiederlo è stato anche Majid Nili Ahmedabadi, direttore generale per l'Europa del ministero degli Esteri della Repubblica islamica all'ambasciatrice Paola Amadei. «Gli Usa prendono in ostaggio gli iraniani nel mondo, imponendo le loro leggi in altri Paesi: questo non solo danneggerà i legami Iran-Italia, ma è contro le leggi internazionali», ha spiegato. La preoccupazione per la detenzione di Sala e la sua vicenda si fa sempre più forte. Cecilia ha potuto fare tre telefonate e fonti vicine ai genitori e al compagno raccontano le sue condizioni: si trova in una cella poco più lunga del suo corpo disteso, dorme per terra su una coperta e ne ha un'altra per proteggersi dal freddo «pungente e doloroso». La giornalista non ha ricevuto nessun pacco inviato per lei dall'ambasciata con alcuni dolci, libri e beni di prima necessità, contrariamente a quanto riferito dalle autorità iraniane. Ma non finisce qui.
Subisce quella che è definita la «tortura bianca»: le sono stati sequestrati gli occhiali e le luci al neon perennemente accese le impediscono di dormire e di distinguere il giorno dalla notte. I genitori di Cecilia hanno chiesto il 3 gennaio il silenzio stampa. Hanno diffuso una nota nella quale spiegavano che la situazione è estremamente delicata e il clamore mediatico intorno al caso potrebbe complicarla.
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