Scattano i primi arresti per gli avvelenamenti delle studentesse iraniane. È lo stesso governo di Teheran a darne l'annuncio: abbiamo fermato «un certo numero di sospetti in cinque province» per i casi di intossicazione che si sono verificati nel Paese, precisa il vice ministro dell'Interno iraniano, Majid Mirahmadi, senza fornire però ancora i dettagli sull'identità dei presunti colpevoli né il movente. Un primo rapporto del comitato scientifico ordinato dal Ministero della salute ha spiegato che «alcuni studenti sono stati esposti a una sostanza irritante». L'ondata di malesseri e ricoveri nelle scuole ha però creato forti tensioni in un contesto già molto fragile a causa della protesta cominciata a settembre dopo la morte della 22enne curda Mahsa Amini.
Sono circa 5000 le studentesse iraniane rimaste intossicate dopo aver inalato inavvertitamente gas tossico a scuola. Mentre gli istituti coinvolti sono 230 di 25 diverse province del Paese. Gli episodi si susseguono da novembre e anche molti studenti maschi e insegnanti sono rimasti intossicati. Le segnalazioni sono aumentate nei giorni scorsi, con le studentesse che descrivono di aver percepito odori diversi, dalla vernice al profumo a qualcosa che brucia. Dopo gli odori, hanno riferito di aver provato intorpidimento e paralisi temporanea. Una di loro, la più sfortunata, ha perso la vita. Un'altra vittima innocente dopo mesi di repressione e massacri. Le forze dell'ordine arrestano, picchiano e sparano gas lacrimogeni contro i manifestanti - studenti universitari e insegnanti - che hanno protestato in diverse città contro i misteriosi avvelenamenti. I dimostranti hanno gridato gli slogan della rivolta: «Libertà di vita e di donna», «una scuola non è un campo di battaglia» e «abbasso il sistema che uccide i bambini». Negli ultimi giorni anche in alcuni dormitori per studentesse a Teheran, Isfahan, Orumiyeh, Tabriz, Karaj e Mashhad ci sono stati casi di avvelenamento. Dopo una convocazione da parte di sindacati e attivisti, molte insegnanti hanno tenuto manifestazioni con i genitori delle ragazze a Sanandaj mentre a Shiraz, a Babol in provincia di Mazandaran e a Karaj in provincia di Alborz proteste simili si sono svolte davanti alle sedi del ministero dell'Istruzione.
A Rasht, la polizia ha lanciato gas lacrimogeni, ha usato spray al peperoncino e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti. Questo è avvenuto anche a Mashhad e Saqqez. Secondo molti attivisti, le intossicazioni sono una vendetta da parte del governo a causa della partecipazione di molte studentesse alle manifestazioni antigovernative e contro l'hijab obbligatorio esplose dopo la morte di Mahsa.
Secondo invece un docente del seminario di Qom, la città dove sono stati registrati i primi casi, un gruppo religioso estremista potrebbe essere responsabile del gesto perché si oppone al diritto di istruzione per le studentesse. Diritto già abolito per le donne nel vicino Afghanistan talebano.
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