Il governo ucraino guarda con speranza al Consiglio Nord Atlantico di domani, alla riunione cioè del principale organo decisionale della Nato. Mercoledì sera i 30 ministri della Difesa dell'Alleanza atlantica si incontreranno a porte chiuse per una cena di lavoro: l'indomani, giovedì, il Consiglio vero e proprio. Un tema su tutti: il sostegno all'Ucraina. Da Kiev, Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, si è fatto sentire con l'usuale chiarezza dei dirigenti e dei diplomatici dell'ex Repubblica socialista sovietica: «Per porre fine alla guerra in Ucraina serve parità di armi pesanti in campo» con la Russia.
Non è certo la prima volta che Kiev chiede all'Occidente più mezzi per fermare Mosca: è vero però che negli ultimi giorni le forze di difesa ucraine sembrano vacillare sotto alle zampate della Russia; un orso ferito nel corpo e nell'orgoglio dalla resistenza incontrata dallo scorso 24 febbraio ma tuttavia forte di una schiacciante superiorità di uomini e mezzi. A scanso di equivoci Podolyak ha preparato una «lista della spesa» di armi pesanti ritenute indispensabili per respingere l'avanzata di Mosca: 1.000 obici da 155 millimetri, 300 lanciarazzi multipli Mlrs, 500 carri armati, 2.000 veicoli corazzati, 1.000 droni. Il messaggio di Podolyak è di una semplicità disarmante: se Europa, Usa e Canada vogliono che l'Ucraina vinca devono metterla in condizione di farlo. A sostenere indirettamente la sua posizione sono giunte le parole del presidente finlandese, Sauli Niinisto, che in un incontro con la stampa ha osservato che «la Russia ha cominciato a usare armi molto potenti, bombe termobariche che sono di fatto armi di distruzione di massa». Una mossa che ha spinto anche gli ucraini a usare armi più potenti, «e noi sosteniamo l'Ucraina con armi sempre più pesanti», ha chiosato Niinisto. Anche le notizie dal fronte confermano che lo snodo sono le dotazioni militari; così lunedì gli aerei da combattimento russi hanno lanciato missili di precisione sulla stazione ferroviaria di Udachne, nell'oblast secessionista ucraino di Donetsk, distruggendo un gran numero di armi fornite all'esercito ucraino da Usa e Europa. Lo ha dichiarato lunedì il portavoce del ministero della Difesa di Mosca, Igor Konashenkov, durante un briefing con la stampa. E un secondo deposito d'armi ucraino è stato distrutto 1.080 km più a ovest nell'oblast occidentale di Ternopil.
La battaglia per le armi getta benzina sul fuoco della politica tedesca con l'opposizione moderata (la Cdu) ma anche Verdi e Liberali (due partiti che governano con i socialdemocratici) che spingono sul cancelliere Olaf Scholz affinché ceda più armi pesanti, soprattutto vecchi carri armati rimodernati, agli ucraini. Da quell'orecchio il leader socialdemocratico non ci vuole sentire. Anzi, il suo portavoce non ha neppure confermato se Scholz si unirà ai leader italiano e francese, Mario Draghi ed Emmanuel Macron, attesi in visita a Kiev giovedì prossimo. Intanto la Faz, il principale quotidiano conservatore tedesco, striglia il cancelliere chiedendosi quale utilità possa avere una sua visita nella capitale ucraini, quando gli ucraini «hanno bisogno di aiuti in prima linea, sul fronte».
Al momento Berlino appare più concentrata sull'economia: l'ufficio federale di statistica ha scritto che ad aprile l'export tedesco verso la Russia è calato del 64%. Sostenute dal forte aumento di prezzo dei carburanti le importazioni sono calate in volume ma sono aumentate in valore.
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