A volte le barriere burocratiche sono più insormontabili di quelle architettoniche. Lo sanno bene i 4 milioni di disabili italiani e le loro famiglie, che hanno dovuto lottare settimane (anche) per avere la vaccinazione. Non risultavano negli elenchi, erano finiti nelle zone d'ombra delle liste e, se disabili da prima del 2010, non esistevano proprio per gli algoritmi delle prenotazioni.
«È stato piuttosto frustrante dover dimostrare, a 50 anni, di essere disabile da prima del 2010. Ho dovuto presentare i documenti per ben quattro volte, come se chiedessi un privilegio. Il vaccino invece è un mio diritto» protesta Cristiano, avvocato, costretto sulla sedia a rotelle da sempre e indignato dagli intoppi delle prenotazioni. Lui, come gran parte dei disabili lombardi, si è trovato a lottare con i sistemi - compresi quelli informatici - proprio nel momento in cui la Regione Lombardia stava decidendo di dismettere la gestione della società Aria e di passare alla piattaforma nazionale di prenotazione gestita da Poste Italiane. E in quelle settimana gli elenchi Inps con i nominativi delle persone fragili non erano ancora stati registrati.
Ora i disabili stanno uscendo dal tunnel ma aprile per loro è stato un mese nero. Riconosciuti, assieme ai loro caregiver, tra le persone fragili, hanno dovuto aspettare ben più del dovuto prima di ricevere la prima iniezione di vaccino.
La situazione sembra essersi sbloccata e le persone con fragilità vaccinate sono circa 2 milioni. In sostanza, nel giro di quattro mesi (troppo) è stato vaccinato poco meno del 60% dei disabili. Gli altri si spera siano chiamati con un po' più di velocità.
Il problema degli elenchi «persi» dell'Inps non ha colpito solo la Lombardia, ma tutte le regioni italiane, anche se le associazioni per la tutela dei diritti dei disabili segnalavano il problema dall'inizio di dicembre. E in quel periodo sembrava quasi superfluo e scontato segnalare che i disabili dovevano essere tra le priorità, al di là della loro età.
«C'è stata una confusione totale sull'argomento - spiega Vincenzo Falavella, presidente Fish, la federazione italiana per il superamento dell'handicap - Alcune regioni non hanno seguito le linee guida del commissario Francesco Paolo Figliuolo, che fissava la priorità per chi ha diritto alla legge 104, ma altri criteri di valutazione. Il Lazio, ad esempio, si è basato sul decreto ministeriale del 2016 che definiva i criteri dei disabili gravissimi. Idem in Sicilia. Insomma, ogni regione ha fatto da sè. Insomma, i disabili hanno dovuto ancora una volta rivendicare un loro diritto. Non solo, molte regioni non riescono ancora a individuare con chiarezza chi sono i caregiver, altre pagano i ritardi dovuti alla disdetta degli appuntamenti da parte dei cargiver che non hanno voluto ricevere il vaccino di Astrazeneca».
La situazione piano piano si sta risolvendo. In Lombardia le persone fragili vaccinate sono 174mila, in Puglia 170mila, in Lazio 120mila. E si spera che i ritardi vengano recuperati a grandi passi. «Quelli che hanno già prenotato - spiega Giovanni Merlo a nome dell'associazione Ledha - dovrebbero essere vaccinati entro la metà di maggio e sembra che già la situazione si stia calmando dopo il momento critico. Anche le segnalazioni e le lamentele che riceviamo in associazione sono in calo».
Ma alla base
di tutto resta il nodo di una gestione disordinata e la mancanza di una banca dati nazionale. Ogni Regione segue regole sue, tanto che essere disabile in Puglia, Lombardia o Val D'Aosta dà origine a tre situazioni diverse.
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