L'Italia in guerra contro la Svizzera

Qualche settimana fa, giustamente, molti si erano davvero scandalizzati di fronte a una decisione dl governo francese che aveva bloccato migliaia di mascherine alla frontiera

L'Italia in guerra contro la Svizzera

Qualche settimana fa, giustamente, molti si erano davvero scandalizzati di fronte a una decisione dl governo francese che aveva bloccato migliaia di mascherine alla frontiera. In quell'occasione vari esponenti pubblici a partire dalle forze di maggioranza avevano ricordato che la Francia, nostro alleato, non poteva agire in tal modo, bloccando qualcosa che non era suo proprio quando da noi la pandemia mieteva (e continua a mietere) vittime.

Ieri, però, alla frontiera tra Italia e Svizzera le forze di polizia tricolori hanno confiscato un notevole quantitativo di disinfettanti diretti in Svizzera. Prodotti da un'azienda tedesca che ha anche alcuni siti industriali da noi, questi articoli erano stati ordinati per tempo e già pagati. Naturalmente da Berna è arrivata una reazione forte, tanto che il ministro degli esteri il ticinese Ignazio Cassis ha parlato senza mezzi termini di «furto di Stato».

Un'Italia che si comporta in tal modo è davvero un paese allo sbando: senza bussola e senza principi. Perché proprio nelle ore in cui il premier Giuseppe Conte è con il cappello in mano per chiedere a olandesi, finlandesi, austriaci e (soprattutto) tedeschi di aprire i loro cordoni della borsa e aiutare finanziariamente l'Italia entro logiche assistenziali, alla frontiera si compie un atto che viola la libertà contrattuale e la libera circolazione, colpendo al tempo stesso gli interessi tedeschi e quelli svizzeri. Non è il modo migliore per farsi amare.

La Confederazione, per giunta, è molto più che una nazione vicina. Si tratta di un paese in cui vivono alcune centinaia di migliaia di lombardi ticinesi (Cassis è uno di loro) e nella quale hanno un posto di lavoro ben 65 mila frontalieri. Se le terre lombarde non fossero «sgovernate» dagli incapaci che sono a Roma (responsabili di innumerevoli errori: a partire dalla mancata zona rossa di Nembro e di tutta l'area del bergamasco), anche in Svizzera la conta dei morti sarebbe diversa.

Lugano è davvero vicina a Milano e per tanti aspetti gravita proprio su di essa.

Per andare in Europa a testa alta ci vogliono persone di altra caratura e carisma rispetto a quelle ora al governo.

Ci vogliono persone che si rendano anche conto che le scelte nazionaliste e protezioniste sono destinate a danneggiare l'intera società e a ritardare sempre più quel ritorno alla vita e alla ricostruzione delle relazioni economiche che tutti noi, chiusi in casa da un decreto amministrativo, desideriamo con tutte le nostre forze.

Se il governo pensa di dirigersi in questo modo maldestro verso la mitologica «fase 2», ossia verso la riapertura della vita economica e sociale, siamo messi davvero male.

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