Mai così distanti, mai così distrutti ed esplosi. Praticamente a un passo dalla supernova. Nel mezzo di un torrido agosto Beppe Grillo, ex comico e fondatore del Movimento Cinque Stelle, fa fare una doccia ghiacciata a Giuseppe Conte. Ma soprattutto mette il suo ingombrante corpaccione di traverso sulla strada della «contizzazione» del movimento: nome, simbolo e tetto del secondo mandato per gli eletti non si toccano. Perché - sembra dire Grillo nel post pubblicato sul suo blog - il Movimento l'ho fondato io, lo gestisco io e, se proprio deve succedere, lo ammazzo io.
«Il M5S è e deve rimanere una forza di cambiamento autentico e per farlo dobbiamo rimanere fedeli ai nostri principi fondativi», tuona il comico ligure mulinando nell'aria torrida di agosto valori etici, tesi filosofiche e financo il fantasma di Casaleggio. Ma è evidente che l'oggetto del contendere è più pedestremente la «proprietà» di un partito politico che l'ex premier, con perizia sartoriale, si sta sempre più cucendo addosso. Pochette compresa. E questo, a Grillo, proprio non va giù. Perché il Movimento, nato nel nome della democrazia diretta e ufficialmente acefalo, senza leader, in realtà è stato per lungo tempo una diarchia (Grillo-Casaleggio), per poi divenire una monarchia (Grillo), della quale Conte era un funzionario assunto per chiamata diretta e a contratto interinale.
Nel frattempo, mentre si consuma questa guerra rovente tra le anime rimaste del partito, i due astanti non si accorgono che non c'è più il partito.
Sfarinatesi frenesie ideologiche e ossessioni moralistiche, consumatisi i leader, si é data alla fuga anche una buona parte degli elettori. A furia di tirarlo da una parte e dall'altra, Grillo e Conte, hanno spaccato il giocattolo. Polvere di stelle.
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