Tra i quartieri fiorentini di San Jacopino e di Novoli, adesso si respira una duplice paura: alla crescente preoccupazione per la sorte della piccola Kataleya si aggiunge infatti il terrore che un fatto del genere possa ripetersi. Mentre gli inquirenti cercano di ricostruire gli elementi che hanno portato alla scomparsa della bimba peruviana di 5 anni, i residenti si dicono spaventati di lasciar andare i bambini a giocare ai giardini vicini, e puntano l'indice sul contesto di degrado in cui il giallo è maturato.
La piccola Kataleya e sua mamma vivono infatti in una stanza dell'ex hotel Astor, che dopo aver chiuso la sua attività ricettiva nel 2020, è stato occupato dal 18 settembre scorso. All'inizio vi entrarono una settantina di persone, per lo più italiani, ungheresi, rumeni e sudamericani, tra cui una trentina di minori, ma col tempo il loro numero è salito a un centinaio. Ora che i riflettori delle cronache nazionali sono posati sullo stabile, c'è già chi sta facendo le valigie e si appresta ad andarsene. E dire che negli ultimi tempi sia la proprietà del fondo sia gli abitanti della zona, preoccupati per un possibile aumento di illegalità, avevano chiesto lo sgombero e il ripristino della legalità, oltre ad una ricollocazione dignitosa degli occupanti. Dell'ex hotel Astor si era parlato tempo fa anche nel Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica con il prefetto, ma lo sgombero non è mai stato eseguito perché mancava il sequestro preventivo deciso da un giudice. Dal canto loro, le opposizioni avevano chiesto da tempo un intervento delle istituzioni, denunciando l'attivazione clandestina di luce, acqua e gas tramite allacci abusivi alle utenze. Come conferma il comitato dei cittadini del quartiere di San Jacopino, nel corso dei mesi le tensioni all'interno dello stabile da cui è sparita la piccola sono aumentate, ed è anche per questo che non si esclude che la sorte della bambina possa essere in qualche modo collegata al contesto abitativo. A fine marzo si verificò una maxi rissa con bastoni e bottiglie in cui pare fossero stati esplosi colpi d'arma da fuoco (nell'occasione quattro giovani peruviani vennero denunciati), mentre non più tardi di due settimane fa un violento alterco vide protagonista proprio alcuni parenti della bambina, con un uomo che volò dalla finestra del terzo piano per sfuggire agli aggressori, finendo in ospedale in gravi condizioni. Gli investigatori stanno facendo accertamenti ad ampio raggio per capire se tra i due episodi vi possano essere collegamenti: «Non voglio pensare che siano stati loro, non possono essere arrivati a tanto» ha spiegato la mamma di Kataleya, aggiungendo che «più passa il tempo e più ho paura che qualcuno me l'abbia portata via, non so cosa pensare». Nel pomeriggio, dalla strada davanti all'ex hotel è un continuo andirivieni di persone: tra giornalisti e curiosi, non mancano esponenti della comunità peruviana e giovani connazionali che mostrano cartelli in cui chiedono a tutti un aiuto a ritrovare la piccola.
E il coro che all'improvviso si alza - «justicia, justicia» - risuona beffardo a pochi passi dall'insegna, ancora spenta e polverosa, dell'ex albergo trasformato in dormitorio.
A quanto risulta, del resto, sembra che nel corso delle ricerche sin qui effettuate alcuni degli occupanti del palazzo dove è sparita Kataleya si siano rifiutati di aprire le porte delle loro stanze e non abbiano contribuito al lavoro degli inquirenti.
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