L'omaggio di Mattarella agli italiani "coesi". Mezzo Sud non festeggia

Polemiche meridionaliste nell'anniversario dell'Unità. Oggi il ricordo delle vittime Covid

L'omaggio di Mattarella agli italiani "coesi". Mezzo Sud non festeggia

Ventimila contagi al giorno, quattrocento morti, un Paese sotto choc. Ma siamo «una Nazione», scrive Sergio Mattarella. Siamo, spiega, «una Repubblica capace di risollevarsi dalle avversità e di rinnovarsi», abbastanza salda per affrontare il dolore, sufficientemente forte per programmare il suo futuro. A 160 anni dall'unità, il messaggio del capo dello Stato cerca di parlare al cuore dei cittadini. «L'Italia, colpita duramente dall'emergenza sanitaria, ha dimostrato ancora una volta spirito di democrazia e di coesione». Il Covid non ci ha diviso, anzi. «Nel distanziamento imposto dalle misure di contenimento della pandemia ci siamo ritrovati più vicini e consapevoli di appartenere a una comunità». E invita a guardare avanti. «La celebrazione del 17 marzo ci esorta a un impegno condiviso nel quadro del progetto europeo, per edificare un Paese più solido, condizione necessaria per una rinnovata prosperità e uno sviluppo equo e sostenibile».

Insomma, ce la faremo, sostiene Mattarella. Oggi Mario Draghi andrà a Bergamo, dove forse farà il punto sulla campagna vaccinale dopo il blocco di AstraZeneca. Il premier volerà dunque nell'epicentro della tragedia, a un anno dal giorno più nero della nostra storia recente, quello dei tremila morti in 24 ore, delle tante bare senza posto al cimitero portate via dai camion militari. Un data simbolo, spartiacque: una legge ha stabilito che il 18 marzo sarà la giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid. «Sono commosso. Grazie al comune sentire del Parlamento - dice il primo firmatario Giorgio Mule, sottosegretario alla Difesa - l'Italia ricorderà per sempre chi non ce l'ha fatta e, al dovuto omaggio, si affiancherà l'impegno concreto previsto, dalla testimonianza nelle scuole, ai programmi Rai, alle donazioni per la ricerca».

«Gli italiani sono un grande popolo - si legge nel messaggio del presidente del Senato Elisabetta Casellati - che ha mostrato coraggio e responsabilità nell'affrontare la più difficile crisi sanitaria, economia e sociale del dopoguerra». Pure Roberto Fico vuole celebrare l'unita di Italia. All'inizio del suo mandato il presidente della Camera si era distinto per alcune sue posizioni antimilitariste e internazionaliste, ora che si è istituzionalizzato parla di identità, di Risorgimento, «del patrimonio di valori che deve ispirarci» ancora. «Sappiamo che molto resta da fare per garantire la reale coesione tra le varie parti del nostro Paese e per sanare le disuguaglianze, ma abbiamo l'occasione irripetibile del piano nazionale di ripresa e resilienza. Nella difficile fase che stiamo vivendo, spicca una splendida immagine di italianità, quella dei medici e del personale sanitario rimasti sempre in prima linea». Poi, c'è chi non celebra. Borbonici, sudisti, nostalgici più o meno organizzati del Regno delle Due Sicilie, misti a gruppi di no-vax e di revisionisti storici. Tra goliardia e protesta, gorgoglia sulla rete un mondo che si oppone all'unità.

Mentre a Napoli nasce una nazionale di calcio del Meridione, con tanto di allenatore, l'hashtag #iononfesteggio raccoglie lo sfogo di chi denuncia «crimini dei piemontesi e le deportazioni», chi esalta Franceschiello e chi se la prende con Nino Bixio. Pure questa è Italia.

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