Di fronte al rischio di un voto di sfiducia già la prossima settimana, dopo l'emorragia di collaboratori in fuga dal partygate e da una leadership sempre più in bilico, Boris Johnson tenta il rilancio del suo governo e di se stesso con un mini-rimpasto che ha tre principali obiettivi. Primo: migliorare il coordinamento dell'esecutivo. Secondo: serrare le fila del gruppo conservatore, sempre più tentato da una rivolta contro BoJo. Terzo: lavorare su immagine e comunicazione del governo, insistendo su due cavalli di battaglia, la Brexit e il Levelling Up, il rilancio delle aree depresse del Paese, che in Inghilterra vuol dire emancipare il Nord dal ruolo di Cenerentola, tentando di mantenere il vantaggio sui Laburisti strappato alle ultime elezioni nei fortini «rossi».
Per questo BoJo premia il falco anti-Ue, Jacob Rees Mogg, a cui affida la guida di un nuovo ministero per le Opportunità della Brexit e l'efficienza del governo, dopo che il deputato fu tra gli ultra-conservatori che a lungo soffiarono anche per un'uscita di Londra dalla Ue senza accordo con Bruxelles. Figlio dell'ex direttore del Times, studi a Eton, il college delle élites, sei figli (tutti con nomi di pontefici), Rees Mogg è il simbolo della volontà del premier di insistere sul rilancio del Regno Unito dopo l'addio all'Europa e di tornare ai valori conservatori. Un obiettivo, quest'ultimo, perseguito adesso anche grazie al Brexiteer Steve Barclay, ministro dell'Ufficio di Gabinetto appena cooptato nel doppio ruolo di capo dello staff di Downing Street, e con la nuova collaborazione di Guto Harri, ex corrispondente della Bbc e consigliere di Boris ai tempi dell'avventura a sindaco di Londra, ora diventato direttore della Comunicazione.
Il rischio di un mandato sull'orlo della fine è ancora molto alto per Johnson, che teme come una spada di Damocle le 54 lettere di sfiducia (pari al 15% dei parlamentari Tory) forse già in arrivo la prossima settimana e che ieri, mentre il governo lanciava il piano per ridurre le liste d'attesa negli ospedali, si è rifiutato di scusarsi, nonostante l'accusa di «incitamento alla violenza» mossagli non solo dai deputati di opposizione, tra cui la sorella della parlamentare Jo Cox, uccisa da uno squilibrato, ma anche da qualche deputato tory spaventato dalla deriva in stile Trump di BoJo. Il premier è considerato da molti laburisti l'ispiratore dell'assalto al leader dell'opposizione Keir Starmer, avvenuto lunedì fuori da Westminster, quando il capo del Labour è stato trascinato di peso e scortato dalla polizia, fino alla sua auto, dopo che un gruppo di manifestanti no-vax, urlando il nome di Jimmy Saville e spingendolo, lo accusava di essere «potrettore dei pedofili». La folla, in sostanza, ha ribadito l'accusa che lo stesso Johnson ha destinato al suo rivale la scorsa settimana alla Camera, rilanciando una bufala, diffusa sui social media da gruppi di estrema destra, secondo cui Starmer non indagò sui reati dell'ex conduttore della Bbc, il pedofilo Saville, quando era a capo dell'Ufficio della Corona, incaricato di perseguire reati. Contro l'affondo all'oppositore, ieri è intervenuto pure lo speaker della Camera, Sir Lindsay Hoyle, che ha bacchettato il premier, ricordandogli: «Le parole hanno un peso». BoJo fino a qui non ha voluto sentirne di scusarsi, nonostante a causa della sua sgradevole uscita, il premier abbia perso la storica stratega e collaboratrice, Munira Mirza.
Il rimpasto serve a distogliere l'attenzione dai suoi problemi e a tentare di bypassare la crisi. Sempre che la prossima settimana - come qualcuno preannuncia - non arrivino le fatidiche lettere che porteranno al voto di sfiducia.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.