New York. La Russia è fuori dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra. Nuova sconfitta per Vladimir Putin sul palcoscenico internazionale, con l'Assemblea Generale dell'Onu che ha approvato la sospensione dall'organismo (il suo mandato triennale scadeva a fine 2023) in seguito alle notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca in Ucraina, a partire da Bucha. La risoluzione proposta dai Paesi occidentali - l'Italia è sia tra i redattori che tra gli sponsor del testo - ha ottenuto 93 sì, mentre con la Russia hanno votato contro 23 Paesi tra cui Cina, Siria, Corea del Nord, Iran, Cuba, Kazakistan, Bielorussia, ma anche Bolivia, Congo, Algeria, Eritrea, Etiopia, Mali e Nicaragua. Altri 58, invece, si sono astenuti, tra cui India, Pakistan, Brasile, Sudafrica, Egitto, Senegal, Messico, Iraq e Giordania. Si tratta di un consenso decisamente meno ampio rispetto alle altre due risoluzioni (sempre promosse dagli occidentali) che l'Assemblea Generale ha adottato dall'invasione russa, che hanno isolato il Cremlino di fronte al mondo intero: la prima, che denuncia Mosca per l'aggressione, ha ottenuto infatti 141 voti a favore, mentre la seconda sulla situazione umanitaria 140. Ma è la prima volta che viene sospeso un membro permanente del Consiglio di Sicurezza, come ha sottolineato l'ambasciatrice americana Linda Thomas-Greenfield, parlando di «voto storico» che «isola di nuovo la Russia». Per approvare il testo serviva la maggioranza dei due terzi dei votanti, ma le astensioni non contavano: l'ultima volta che l'Onu ha sospeso un Paese dal Consiglio (composto da 47 stati membri eletti a rotazione) è stato nel 2011, quando toccò alla Libia a causa delle violenze contro i manifestanti da parte delle forze fedeli all'allora leader Muammar Gheddafi.
«Il dialogo e il negoziato sono l'unica via per uscire dalla crisi in Ucraina. Ci opponiamo fermamente alla politicizzazione delle questioni relative ai diritti umani», ha commentato l'ambasciatore cinese al Palazzo di Vetro, Zhang Jun, annunciando il no del Dragone (che negli altri due casi si era astenuto) e sottolineando che «questa risoluzione aggrava le divisioni tra gli Stati membri, aggiunge benzina al fuoco, e non aiuta i colloqui di pace». Anche il Cremlino accusa il Consiglio Onu di «essere monopolizzato da un gruppo di Stati» e si è detto «dispiaciuto» ma ha ribadito che Mosca continuerà a «difendersi» con tutti i mezzi legali a sua disposizione e a manifestare il proprio punto di vista rispetto alla crisi. «I criminali di guerra non hanno posto negli organismi delle Nazioni Unite preposti alla difesa dei diritti umani. Grazie a tutti gli Stati membri che hanno sostenuto la risoluzione dell'Assemblea Generale e hanno scelto la parte giusta della storia», ha esultato invece il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. E per il rappresentante permanente italiano Maurizio Massari è stato «un sì alla responsabilizzazione, al mantenimento dell'integrità del Consiglio per i diritti umani, alla credibilità del sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite e alla prevenzione di altre violazioni».
Intanto, il Senato americano ha rispolverato la «Lend lease Act», legge usata durante la seconda guerra mondiale contro Hitler, per accelerare l'invio di armamenti a Kiev.
La Camera Alta ha anche approvato all'unanimità altri due provvedimenti, anticipati il mese scorso dal presidente Joe Biden: il primo per sospendere i privilegi commerciali tra Stati Uniti e Russia (e Bielorussia), il secondo per ratificare il divieto sulle importazioni di petrolio, gnl e carbone russi.
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