L'orgoglio delle nostre radici

Fu un mea culpa storico dell'ex leader del centrodestra

L'orgoglio delle nostre radici

Nel maggio 2014, nella mia breve e appassionata parentesi di responsabile Cultura di Forza Italia, durante una conferenza stampa con il presidente Berlusconi mettemmo l'accento su come la nostra parte politica, dal dopoguerra, avesse lasciato alla sinistra l'egemonia in campo culturale. Fu un mea culpa storico dell'ex leader del centrodestra, da oltre 40 anni considerato il più importante editore culturale in Italia. Da anni ho immolato la mia carriera artistica in questa direzione, cercando di far capire ai nostri politici di riferimento come questa tendenza dovesse cambiare. L'ho fatto sul campo, prima con i miei spettacoli teatrali, poi fondando un mensile cartaceo, CulturaIdentità ed ora con la rete degli oltre 100 Comuni delle Città Identitarie e con i festival che ne invadono le piazze. Perché costruire contenitori dai quali lanciare un nuovo immaginario simbolico è il compito di noi artisti ed intellettuali. Credo che questo sia più interessante e costruttivo che chiedere poltrone in Parlamento. E allora sono felice di leggere nel programma politico del centrodestra un capitolo intero dedicato a quel settore che dovrebbe essere in Italia un volano, non solo per l'immagine, ma anche per l'economia del Paese. Cultura, turismo, Made in Italy devono essere le parole d'ordine degli amministratori locali, dei deputati, dei ministri, della Meloni futura leader della coalizione che dovrà governare dopo il 25 settembre. Il Paese va rilanciato anche attraverso lo straordinario racconto delle nostre radici storiche e culturali, dell'identità delle nostre Città, soprattutto quelle sotto i 100 mila abitanti, che sono poi la colonna vertebrale italiana, attraverso il sostegno alle piccole e medie imprese locali e attraverso la difesa dei nostri territori. Vi prego, mai più una Bolkestein! E, per fare in modo che le idee diventino azioni, c'è bisogno di un gioco di squadra, cosa che spesso nel campo culturale e politico di destra non è successo per quell'individualismo quasi genetico che, abbiamo visto, non porta da nessuna parte.

Non vogliamo quindi tanti primi attori, ma una compagnia ben assortita che sappia, ognuno nel proprio ruolo, realizzare quel progetto di rinascita identitaria e culturale di cui l'Italia ha bisogno. La sinistra ha fallito, occupando in questi decenni il settore Cultura svilendone il valore. Ora sta al centrodestra, in caso di vittoria, ricostruire: raccontando la bellezza della nostra amata Patria.

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