Sì, con l'amministratore delegato di Consip Luigi Maroni ci parlava in quanto come sottosegretario era informalmente delegato dall'allora premier Matteo Renzi a intrattenere rapporti con la centrale acquisti della pubblica amministrazione, ma mai gli avrebbe rivelato dell'esistenza di un'inchiesta in corso.
È il giorno della difesa davanti ai giudici per l'ex ministro dello Sport Luca Lotti accusato di favoreggiamento perché, secondo la Procura di Roma, sarebbe stato una delle gole profonde che avrebbe avvertito Maroni dell'indagine sugli appalti Consip ostacolando il lavoro dei magistrati. È il fulcro dell'inchiesta Consip, del capitolo dedicato ai depistaggi e alle soffiate, arrivato ieri per la prima volta davanti al gup Clementina Forleo che dovrà decidere se mandare a processo l'ex braccio destro di Renzi, e con lui ciò che del renzismo rimane, e altre sei persone. Un dibattimento che si intreccia con l'indagine della Procura di Perugia sulle nomine pilotate al Csm, che sta scuotendo la magistratura e che ha toccato anche Lotti, intercettato mentre parlava con l'ex presidente dell'Anm Luca Palamara di quale sarebbe stato il successore più «giusto» a Giuseppe Pignatone, il procuratore capo di Roma recentemente andato in pensione, per poter rendere la vita difficile all'aggiunto Paolo Ielo, colpevole di aver coordinato l'inchiesta Consip e di averlo iscritto nel registro degli indagati. Di questo Lotti ha parlato fuori dall'aula, ad udienza conclusa, per ribadire ancora una volta di non aver mai messo bocca sulle nomine dei magistrati. «Ho letto sui giornali che c'erano relazioni con la Procura di Roma - ha detto - ma queste non ci sono mai state, tanto è vero che la richiesta di rinvio a giudizio nei miei confronti è stata fatta e abbiamo iniziato l'udienza preliminare. Ho già smentito nei giorni scorsi le ricostruzioni lette su questa vicenda: l'ho detto e scritto nei post in maniera chiara». Nessuna pressione, dunque, nonostante per lo scandalo del Csm si sia autosospeso del Pd.
Quanto a Consip l'ex sottosegretario ha ribadito di non sapersi spiegare le dichiarazioni di Maroni, il grande accusatore, che lo ha tirato in ballo: «Non potevo riferirgli ciò che non sapevo ed escludo categoricamente di aver parlato con lui dell'inchiesta».
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