L'Ucraina spacca il centrosinistra

La guerra spacca le coalizioni e rimescola le carte. A differenza di quanto accadeva negli anni della Guerra fredda, quando la contrapposizione - ideologica e politica - non lasciava spazio a sfumature

L'Ucraina spacca il centrosinistra

Se non fossimo alle prese con tempi straordinari, il quadro politico si sarebbe già decisamente assestato con due schieramenti l'uno contro l'altro armati. Con buona pace del governo di larghe intese guidato da Draghi, infatti, le coalizioni si sarebbero inevitabilmente trovate a serrare i ranghi in vista della tornata amministrativa che tra il 15 maggio e il 26 giugno porterà al voto 982 dei 7.904 comuni italiani (il 12% del totale).

È vero che saranno solo quattro i capoluoghi di Regione alle urne (Catanzaro, Genova, L'Aquila e Palermo), ma l'avvicinarsi delle elezioni politiche - la legislatura andrà a scadenza naturale a marzo - fa dell'imminente appuntamento elettorale una sorta di prequel delle elezioni del 2023. D'altra parte, solo qualche mese fa tutti davano per scontato che questo sarebbe stato un anno di campagna elettorale permanente. Tutti, compreso lo stesso Draghi, che anche per questa ragione ha coltivato l'ambizione di traslocare da Palazzo Chigi al Quirinale.

La guerra, però, ha ribaltato il quadro e messo la sordina alle conflittualità della politica interna. Tanto che i temi più spendibili sul fronte domestico - dalle tasse all'immigrazione - sono inevitabilmente passati in secondo piano. Di più. L'invasione della Russia in Ucraina, infatti, ha anche evidenziato differenze e distanze che prima erano sostanzialmente sottotraccia. In particolare sul fronte del centrosinistra, dove l'alleanza tra Pd e M5s fatica davvero a decollare anche e soprattutto per questo. I dem - e il loro segretario Letta - hanno infatti una posizione netta, di deciso sostegno a Kiev, alla linea della Nato e dell'Unione europea. I grillini sono invece prigionieri del loro passato recente, così come il loro leader Conte è vittima dei due anni passati a Palazzo Chigi strizzando l'occhio a qualunque populismo potesse fargli comodo. L'autoproclamato avvocato del popolo, infatti, non si è fatto mancare nulla. Ha prima accarezzato con accondiscendenza Trump e poi sostenuto - magari inconsapevolmente, ma forse è anche peggio - le operazioni di disturbo di Putin. Tirando le somme, Conte ha di fatto contribuito a legittimare quella campagna di disinformazione e boicottaggio dell'Occidente che aveva - e ha tutt'ora - l'obiettivo di far implodere l'Ue e l'alleanza Atlantica. E lo ha fatto coinvolgendo i nostri Servizi di sicurezza. Sul punto, non a caso, attacca Renzi ma tace un evidentemente imbarazzato Letta.

La guerra, dunque, spacca le coalizioni (anche nel centrodestra Salvini deve fare i conti con gli anni in cui era un ultrà pro Trump e filo Putin) e

rimescola le carte. A differenza di quanto accadeva negli anni della Guerra fredda, quando la contrapposizione - ideologica e politica - non lasciava spazio a sfumature. E, anzi, era la linea di demarcazione tra bene e male.

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