L'Ue si spacca sui migranti In 12 scrivono a Bruxelles: "Muri a difesa dei confini"

Dall'Austria all'Ungheria, la lettera dei ministri "Ora servono strumenti per fermare gli ingressi"

L'Ue si spacca sui migranti In 12 scrivono a Bruxelles: "Muri a difesa dei confini"

Dodici paesi dell'Unione europea chiedono alla Commissione di Bruxelles di finanziare muri e barriere per fermare i migranti. Anche la Slovenia è d'accordo, ma non ha firmato la lettera ricoprendo il ruolo di presidenza di turno dell'Unione europea. Quasi la metà degli stati membri non solo è favorevole ai muri, ma vorrebbe che sia il bilancio comunitario a pagare le barriere. Nel continente che è stato diviso per quasi mezzo secolo dalla cortina di ferro e dal muro di Berlino suona come una tragica beffa della storia. I firmatari sono Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia. Paesi che in gran parte hanno già eretto barriere per fermare i migranti.

«Le barriere fisiche sembrano essere un'efficace misura di protezione che serve gli interessi dell'intera Ue, non solo dei Paesi membri di primo arrivo - si legge nella lettera del 7 ottobre - Questa misura legittima dovrebbe essere finanziata in modo aggiuntivo e adeguato attraverso il bilancio Ue come questione urgente».

I ministri dell'Interno dei paesi pro barriere hanno inviato la richiesta ufficiale al vice presidente della Commissione Ue Margaritis Schinas e alla commissaria agli Affari interni Ylva Johansson. L'Europa «ha bisogno di adeguare il quadro giuridico esistente alle nuove realtà» come la «strumentalizzazione dell'immigrazione irregolare». I dodici paesi sostengono che «in pratica la sorveglianza delle frontiere non impedisce alle persone di tentare di varcarle illegalmente e sarebbe quindi utile integrarla con ulteriori misure preventive». Metà Ue sostiene che «abbiamo bisogno di nuovi strumenti che ci permettano di evitare le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite».

La richiesta coincide con la riunione di ieri a Lussemburgo dei ministri dell'Interno europei. La Commissaria europea Johannson ha risposto che i paesi Ue «hanno il diritto e la responsabilità di tutelare i loro confini. Se uno Stato membro ritiene che sia necessario costruire una recinzione lo può fare e io non ho nulla da obiettare». Ma è contraria ad utilizzare le risorse Ue.

Diversi Paesi europei hanno già costruito barriere o stanno pianificando muri per arginare i migranti spesso utilizzati come arma di pressione politica come sta facendo la Bielorussia per rappresaglia alle sanzioni Ue. In agosto la Polonia ha eretto i primi 3 chilometri di barriere, ma il piano è tirare su un «muro» di 2,5 metri ben più lungo. Il parlamento lituano ha votato la costruzione di uno sbarramento metallico alto 4 metri lungo il confine bielorusso che costerà 152 milioni di euro. I primi a farlo sono stati gli ungheresi nel 2015 per arginare il milione di siriani giunto dalla rotta balcanica. La piccola Slovenia ha dispiegato un «muro» di reticolato con la Croazia lungo 179 chilometri. «Dobbiamo proteggere i confini anche con barriere fisiche» ha dichiarato Ales Hojs, ministro dell'Interno di Lubiana, che detiene la presidenza europea.

La Grecia sta blindando i confini con la Turchia, come ha fatto pure la Bulgaria. E a sua volta i turchi hanno appena costruito un muro nella regione di Van confinante con l'Iran per fermare gli afghani, che erano aumentati ancora prima della vittoria talebana.

Circa 200 torrette di guardia da dove vengono pilotati droni e puntate camere termiche di sorveglianza sono state finanziate proprio dall'Ue. Bruxelles paga il «muro» di Erdogan, ma arriccia il naso se una dozzina di stati membri chiede di fare lo stesso.

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