«Un piano cucito sulla Germania». È la dura reazione italiana con addirittura una minaccia di veto al progetto presentato dalla Commissione europea in caso di stop al gas russo in cui si prevede una riduzione del consumo di gas al 15% (per l'Italia pari 8,3 miliardi di metri cubi) tra il 1° agosto e il 31 marzo 2023, inizialmente su base volontaria ma che potrebbe diventare obbligatoria. Nei calcoli di Roma infatti si possono ridurre i consumi solo del 7% anche con l'incremento delle forniture da Algeria e altri Paesi.
Nel Piano per salvare l'inverno, l'Ue avrebbe la possibilità di dichiarare, dopo consultazione con gli Stati membri, una «allerta dell'Unione» con una diminuzione della domanda di gas a tutti gli Stati reintroducendo carbone e diesel nel mix energetico. Rimarrà deluso chi si aspettava soluzioni risolutive alla crisi energetica poiché l'atteso piano presentato dalla Commissione a Bruxelles in caso di stop al gas russo, si può riassumere in poche parole: si invitano le famiglie europee a contribuire allo sforzo per ridurre i consumi «abbassando il riscaldamento o l'aria condizionata», evitando di usare «l'asciugatrice» e «spegnendo le luci quando non servono». Se fosse sufficiente abbassare l'interruttore della luce, il problema sarebbe già risolto, eppure la situazione è molto più grave come affermato senza giri di parole dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen: «La Russia ci sta ricattando sul gas ma l'Europa è preparata» aggiungendo che «non iniziamo da zero, ma dobbiamo fare di più. Dobbiamo prepararci a un'interruzione integrale del gas russo. È uno scenario probabile, che andrebbe ad avere un impatto su tutta l'Unione». Anche se per il momento, secondo Gascade, gestore tedesco del Nord Stream, il flusso di gas dovrebbe riprendere al 30% dopo la sospensione per manutenzione per una decina di giorni.
Secondo i calcoli che accompagnano il piano europeo, cominciando a ridurre i consumi subito, lo stop del gas russo avrebbe un impatto di almeno lo 0,4% del Pil europeo se il prossimo inverno fosse mite, aumentando allo 0,6% con un inverno freddo. Se invece si ritardasse nel diminuire i consumi, l'impatto in caso di un inverno mite sarebbe compreso tra lo 0,6 e l'1% del Pil e tra 0,9 e 1,5% con un inverno freddo. Come già anticipato dalle bozze circolate nei giorni scorsi, il piano prevede anche un meccanismo di solidarietà: «In una situazione di emergenza, una solidarietà efficace e tempestiva sarebbe notevolmente facilitata dalla presenza di accordi bilaterali di solidarietà previsti dal regolamento sulla sicurezza dell'approvvigionamento di gas, chiarendo gli adeguamenti tecnici, legali e finanziari per fornire gas ai clienti legalmente protetti dei paesi vicini in caso di crisi». Eppure, nonostante le rassicurazioni della Commissione, le reazioni al piano sono state molto critiche a partire da Business Europe, l'associazione degli industriali europei che in una nota ha scritto: «La riduzione forzata della produzione avrebbe effetti economici disastrosi e un impatto spesso irreversibile sulle imprese. Dovrebbe essere considerata solo come un'opzione di ultimissima istanza».
Lo scenario che viene a profilarsi, sebbene questo termine sia accuratamente evitato, è quello di un razionamento energetico con un grave impatto su numerosi settori industriali ed economici. Non a caso non sono mancate le reazioni politiche tra cui quella del governo spagnolo che si è detto contrario alla proposta della Commissione europea, mentre si è aperto un caso per la contrarietà a «qualsiasi forma di embargo del gas russo» da parte dell'Ungheria.
Intanto sul tetto al prezzo del gas, in una nota diffusa dall'Ue, si fa sapere che «il lavoro è in corso» ma il tempo scorre inesorabile e, con l'avvicinarsi dell'inverno, la principale soluzione proposta dall'Ue rimane quella del razionamento, un po' poco rispetto alle aspettative.
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