Lukashenko non perdona: 300 feriti e 4mila in cella. L'Ue: "Non è democrazia"

Il presidente rieletto con l'80% dei voti attacca: "Sono pecore telecomandate dall'estero". Berlino: "Brogli". La sfidante Tikhanovskaya rivendica la vittoria. Sparito un giornalista

Lukashenko non perdona: 300 feriti e 4mila in cella. L'Ue: "Non è democrazia"

L'hanno ribattezzata la notte dei lunghi coltelli in salsa bielorussa. La schiacciante vittoria di Aleksandr Lukashenko alle presidenziali di domenica ha in effetti il sapore di una farsa e al medesimo tempo di un golpe. La farsa sta nei numeri: il padre padrone della Bielorussia, al potere da 26 anni, avrebbe vinto con l'80,23% delle preferenze, ma i brogli sarebbero evidenti. Appena chiuso il voto, internet è stato interrotto, rendendo ancora più difficile la raccolta e la condivisione di prove di frode elettorale. Il «golpe» è invece sotto gli occhi di tutti: nel corso della tornata elettorale, e nelle ore successive alla proclamazione, Lukashenko ha ordinato arresti di massa, arrivando persino a dispiegare l'esercito per le strade di Minsk e Brest.

Una situazione che preoccupa e spaventa l'occidente così come l'Ue. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto un conteggio «esatto» dei voti espressi e ha condannato la violenta repressione. «Invito le autorità bielorusse a garantire che i voti nelle elezioni di domenica siano conteggiati e pubblicati in modo accurato», ha ribadito in un tweet. Anche Berlino ha espresso «seri dubbi sulla condotta e sul carattere democratico» del voto, perché «non sono stati garantiti standard democratici minimi per un'elezione». La Polonia ha chiesto la convocazione di un vertice straordinario dell'Ue. Condanne sono arrivate anche dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e dall'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell. La situazione in Bielorussia continua ad essere molto tesa. La notizia della conquista del sesto mandato di Lukashenko ha spinto in piazza migliaia di persone contro i sospetti brogli. I manifestanti sono stati dispersi dalla polizia in assetto antisommossa, che ha usato camion con idranti, gas lacrimogeni, proiettili di gomma e manganelli. Il bilancio attuale è di 300 feriti e 4mila arresti. Il ministero dell'Interno ha dichiarato che ci sono 39 feriti anche tra le forze dell'ordine. Circa mille manifestanti sono stati arrestati nella capitale Minsk, gli altri 3mila tra le città di Brest, Vicebsk e Homel. Le Ong hanno dato notizia anche di un decesso, smentito dal ministero della difesa. Sono finiti in manette tra gli altri il presidente dell'ordine dei giornalisti di Minsk e almeno 200 persone addette agli scrutini.

Continua inoltre a non esserci traccia di Maxim Solopov, l'inviato speciale in Bielorussia della testata indipendente russa Meduza (con sede in Lettonia). Nessuno è in grado di mettersi in contatto con lui e, stando a quanto denuncia un altro media russo, il Daily Storm, è stato picchiato dalle forze di sicurezza mentre stava documentando gli scontri a Minsk. La leader dell'opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, che ha ottenuto il 9,9%, non ha riconosciuto l'esito del voto e ha chiesto alle autorità che «il potere passi pacificamente all'opposizione. Coloro che credono che il loro voto sia stato rubato non devono rimanere in silenzio». Gli osservatori internazionali presenti in Bielorussia (30 dei quali spediti in carcere) sarebbero in grado di provare che la Tikhanovskaya avrebbe ottenuto addirittura 85 dei 126 seggi, conquistando di fatto oltre il 70% delle preferenze.

Da Minsk però il presidente, al comando dal lontano 1994, non vuole indietreggiare. «Non permetterò che il Paese venga fatto a pezzi, i manifestanti in piazza sono pecore telecomandate dall'estero, soprattutto da Londra, Praga e Varsavia.

La Tikhanovskaya è una povera bambina. La mia vittoria? Una vacanza», ha dichiarato nel suo primo commento dopo la pubblicazione dei dati ufficiali. E intanto si sono congratulati con lui il presidente russo Putin e quello cinese Jinping.

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