L'ultima follia dei grillini: via il portavoce "carnivoro"

Bernini licenzia un collaboratore non vegano e ora non vuole pagargli il risarcimento fissato dai giudici

screenshot Le Iene
screenshot Le Iene

I Cinquestelle fanno «discriminazioni di carattere alimentare». In parole povere, licenziano i carnivori. In attesa di stabilire se si tratti di una fake news della nuova guerra ingaggiata con Renzi, o della pura - e cruda - verità, l'inviato delle Iene, Filippo Roma, nella puntata andata in onda l'altra sera ha preso in castagna, uno dopo l'altro, i responsabili di una vicenda che si trascina dall'ottobre del 2015.

Il primo a cadere dal pero, nelle immagini trasmesse su Italia 1, è il capo politico nonché vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. «Di che si tratta, mi spieghi meglio, la prego...». Il fattaccio, gli spiegano, riguarda l'odioso privilegio dell'impignorabilità della diaria e dell'indennità degli onorevoli; proprio un deputato di M5s, Buccarella, ne ha chiesto l'abrogazione. Invece il suo collega vegano Paolo Bernini, che ha perduto una causa di lavoro con un suo ex collaboratore, se ne avvale allegramente, rifiutandosi di pagare nonostante l'esecutività della sentenza. Davanti al microfono Bernini s'impappina, ride e si contraddice. «C'era un accordo bilaterale, no, non veniva a lavorare...», abbozza come improponibile difesa. Il suo nuovo assistente, Alfredo Riccio, a questo punto si fa avanti minaccioso: «Perdiamo il treno, smettiamola con queste cazzate! Lui paga, lo garantisco io! Discriminazione di stampo alimentare... puttanate!». Inscena addirittura una diretta su Facebook per testimoniare quella che definisce aggressione al proprio deputato e richiede l'intervento dei carabinieri di guardia nella garritta di Montecitorio per liberarsi di chi sta «importunando l'onorevole Bernini». Insomma, altro che anti-casta e anti-privilegi: più che il mite Bernini, assai imbarazzato, è il suo assistente ad assomigliare più a una guardia del corpo che a un responsabile dei rapporti con la stampa.

Riccio si dichiara però fieramente «vegano» e questo alimenta il sospetto che il licenziamento del suo predecessore, Lorenzo Andraghetti, sia accaduto proprio perché «gli piacevano braciole e sarsicce», come sfotte Roma. Se i grillini negano, Andraghetti invece pare confermarlo, raccontando la sua storia di assistente votato a seguire l'attività del parlamentare, fiero difensore dei diritti degli animali. E dunque sospetta che «il licenziamento è arrivato quando mi ha detto che, carnivoro come sono, non avrei compreso fino in fondo le posizioni animaliste e vegane, lasciandomi a casa...». Per quest'accusa, contestata da Bernini, il collaboratore era già stato querelato per diffamazione. Il suo caso era stato però oggetto di una chat tra i deputati Lombardi, Sibilia e Di Stefano, nella quale l'allora capogruppo Lombardi chiedeva se «poteva essere licenziato». «Gliel'hanno imposto dall'alto», accusa Andraghetti.

La Lombardi si dichiara anche lei «caduta dal pero»: ma ora promette di rimediare. Così Di Maio che, previo accertamenti, si è detto pronto a far avere all'ex collaboratore i 65mila euro di risarcimento stabiliti dal tribunale e negati da Bernini. Soldi strappati con sudore e sangue, mica bruscolini.

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