L'umanità alla prova del "Grande Crash"

La tecnologia è una questione di esistenza: senza non sappiamo più come arrangiarci

L'umanità alla prova del "Grande Crash"
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Il giorno del Grande Crash fa venire in mente quell'amico che ogni mercoledì mattina si reca ancora adesso in banca a fare tutte le operazioni della settimana, prelievi e bonifici compresi. E che, quando l'addetto (chiamarlo cassiere è ormai anacronistico) gli ricorda «lo sa che c'è l'home banking?», lui gli risponde serafico: «E poi come potrei avere il piacere di venirla a trovare?».

Ecco: a volte bisogna prenderla con umorismo (l'amico in realtà resiste ad ogni progresso digitale perché non si fida), però in effetti ora che l'apocalisse ha fatto capolino scopriamo che la tecnologia non è solo è bella ma anche questione di esistenza. Per esempio: chi di voi saprebbe trovare una strada senza la mappa dello smartphone? Il Tuttocittà non c'è più, e finirebbe come quando - richiedendo l'indicazione della frontiera a un passante in Germania Est - ci si sentiva rispondere che non c'era nessuna frontiera: era a 500 metri in realtà, e in quel caso non era colpa della mancanza di telefonini. Ma il problema è il passante di oggi, senza una cartina digitale, non saprebbe davvero dire dove si trova. E non è solo questo: è pagare in negozio, trovare un numero di telefono, prenotare una vacanza, ordinare da mangiare, parlare con gli amici, ricordarsi gli appuntamenti e, a volte, pure chi siamo. Ovvero siamo talmente dipendenti dalla tecnologia che il prossimo bùm, anzi clic, ci potrebbe cancellare. Non sappiamo più scrivere o quasi (i ragazzi, poi...), neppure far di conto su un foglietto. E se dobbiamo recuperare un ricordo dalla nostra testa, invece di far partire gli ingranaggi muoviamo le dita sullo schermo cercando Google. L'Onniscente. Non siamo più allenati ad arrangiarci da soli, e basta un semplice aggiornamento di sistema andato male per fermare il pianeta. Per fermare noi.

Si poteva prevedere? Gli appassionati di fantascienza sostengono che internet sia un incidente di percorso. Neppure il più bravo di tutti, Isaac Asimov, aveva pensato a tanto: in realtà in un suo racconto parlava di un Multivac, un computer dittatore che si basava sulla connessione di tutti i computer esistenti, però era un essere senziente. La Rete, invece, per ora è un'altra cosa, anche se presto potrebbe avere un'intelligenza propria per togliere di torno noi umani inetti. Però, in effetti, c'è chi è stato preveggente prendendola proprio con umorismo: 10 anni fa Wayne Gladstone, giornalista americano, ha messo alla berlina l'evoluzione sfrenata raccontando nel suo Internet Apocalypse il blackout di internet in una New York incapace di trovare la connessione web. Panico (meditate gente, meditate): niente amicizie, niente più amore, niente politica, niente sesso online, niente da letture, niente guadagni, niente virus e antivirus, niente di niente. Nulla di tutte quelle cose che oggi ci fanno sentire tanto impegnati finché improvvisamente si stacca la spina. Nel libro il protagonista si mette in viaggio alla ricerca di un rimasuglio di web con un blogger e una stripper, finendo per diventare un Dio di un popolo disorientato e senza meta. Dieci anni dopo il Dio si è spento, per ora solo per qualche ora. Dunque prepariamoci: questo è solo un assaggio.

Secondo alcuni esperti nel 2025 ci sarà una tempesta solare cannibale che annienterà tutte le comunicazioni. Poi c'è qualcuno dice nel 2026, chi nel 2027 o nel 2028, e su questo è in corso uno scontro di verità. Ma è normale: han tutti ragione perché l'hanno letto su internet. Finché c'è.

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