L'uomo di Neanderthal viveva al Circeo. Ed era più evoluto di noi

I resti fossili trovati nella Grotta Guattari svelano l'acume dell'antenato del "Sapiens"

L'uomo di Neanderthal viveva al Circeo. Ed era più evoluto di noi

Nel tecno-slang giovanile della Generazione Alpha (quella successiva alla Generazione Z) il termine «Neanderthal» starebbe, grossomodo, a significare una «persona arretrata che pensa e si comporta da vecchio». Con tutto il rispetto per le moderne tribù iGen, Post-Millennial , Centennial , Zoomer e Plural , la buonanima dei 9 uomini di Neanderthal (i cui resti fossili sono stati scoperti ieri nella Grotta Guattari a San Felice Circeo) si rivolteranno nella tomba, benché non ne abbiano mai avuta una: 100 mila anni fa (anno più, anno meno) le bare infatti non avevano mercato, idem per lapidi, funerali, crisantemi e messe in suffragio del de cuius; insomma, il business del caro estinto non aveva ancora preso vita e l'estremo viaggio dei defunti preistorici procedeva su un binario morto. Eppure all'epoca della famiglia Flinstone, i nostri antenati neanderthaliani non erano meno sapienti del tanto celebrato (e sopravvalutato) Homo Sapiens, dal quale - pare - discendiamo tutti noi, con la sola differenza di brandire tra le mani un iPhone al posto di una clava. Ma ora le ossa dei nove individui venute alla luce grazie agli scavi condotti dalla Soprintendenza archeologia per le province di Frosinone e Latina con l'Università Tor Vergata, sono qui a dimostrare che, in quanto a «intelligenza pragmatica», i Neanderthal boys non erano secondi a nessuno; anzi, considerati i loro tempi e gli strumenti a disposizione, erano avanti alla grandissima, padroneggiando già gran parte delle attività (tessitura, caccia, comunicazione, trasporti, ecc.) che avrebbero trovato pieno sviluppo nelle ere successive. E che la Grotta Guattari fosse una sorta di galleria del vento di una nuova civiltà work in progress è evidente dai rilievi affiorati dall'ultima scoperta: la fotografia di una tappa fondamentale per l'evoluzione della specie umana», sottolineano.

«Le caratteristiche di questo luogo - spiegano gli archeologi - permettono di tracciare un itinerario cronologico che dal passato remoto giunge fino al presente. Le condizioni di oggi sono infatti sostanzialmente le stesse di 100 mila fa e la presenza di fossili rende la grotta un'eccezionale banca dati». Un archivio i cui cassetti non riguardano il solo genere umano, ma interessano pure il mondo animale, faunistico e climatico. Consentendo di ricostruire virtualmente un intero ambiente naturale dove figurano resti di iena e diversi gruppi di mammiferi di grande taglia, tra cui l'uro: il grande bovino estinto che, raccontano gli esperti, «risulta una delle specie prevalenti insieme a cervi, rinoceronti, elefanti, orsi e cavalli». Le ricerche, per la prima volta, hanno riguardato parti della Grotta mai studiate, tra cui anche quella che l'antropologo Alberto Carlo Blanc ha chiamato «Laghetto» per la presenza di acqua nei mesi invernali. E proprio in quell'area sono stati rinvenuti diversi resti umani «tra cui una calotta cranica; frammenti di occipitale, cranio e mandibola; due denti; tre femori parziali e altri elementi ossei in corso di identificazione». «L'uomo di Neanderthal rappresenta il vertice del primo nucleo di società di cui possiamo parlare - precisa l'archeologo Francesco Di Mario -. Quelli scoperti nella grotta sono tutti individui adulti tranne uno forse in età giovanile. È una rappresentazione soddisfacente di una popolazione che doveva essere abbastanza numerosa in zona».

Raggiante il ministro della Cultura, Dario Franceschini: «Davvero una cosa eccezionale. Ne parlerà tutto il mondo».

Sperando che l'«evoluzione» del nostro Paese non si fermi qui.

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