Andrea Bezziccheri (nella foto) imprenditore e presidente di Bluestone, è indagato per il progetto Hidden Garden di piazza Aspromonte, insieme ai titolari dell'impresa di costruzioni e ai funzionari dello Sportello unico edilizia del Comune di Milano e per le Park Towers di via Crescenzago insieme al titolare dell'impresa e ai funzionari comunali. «Sto vivendo una situazione kafkiana. Sono indagato per aver rispettato le prescrizioni del Piano di governo del territorio del Comune di Milano. Non solo, in risposta alla mia istanza il Comune ha ribadito la legittimità dell'intervento e della procedura. Vogliamo prendercela con il Pgt di Milano?». Come noto le dieci inchieste aperte dalla Procura di Milano riguardano gli interventi di demolizione e ricostruzione autorizzati con la cosiddetta «Scia pesante» (ex art. 23) e non con piano attuativo. Una procedura che è stata ovviamente autorizzata dal Comune, in ottemperanza alle norme del Piano vigente. Su questa falsa riga sono attualmente bloccati 150 progetti.
«Il Pgt di Milano esclude in assoluto la pianificazione attuativa per aree sotto i 20mila metri quadri, la nostra area è di 7.500 metri quadri - spiega Bezziccheri - quindi non esiste nemmeno una procedura per la pianificazione attuativa. Se io mi fossi impuntato e avessi chiesto di voler fare un piano attuativo a tutti i costi, il Comune avrebbe dovuto cambiare il Pgt per me, è un paradosso. E la Procura ci accusa di aver commesso dei reati per aver rispettato le norme».
Per capire come funziona nel resto d'Italia Bluestone ha incaricato uno studio di avvocati amministrativisti, Belvedere&partners, di fare una ricerca nei 50 principali Comuni lombardi, per analizzare le regole delle altre amministrazioni rispetto alla legge urbanistica del '42, quella appunto che imporrebbe il ricorso al piano attuativo per interventi edilizi di altezza superiore a 25 metri o con volumi superiori a 3 metri cubi per metro quadro.
Delle cinquanta amministrazioni analizzate, ovvero i 50 Comuni più popolosi in Lombardia, solamente nove hanno introdotto (in modo variegato fra loro) disposizioni, di un certo dettaglio, riferite all'intero territorio volte a precisare i presupposti per cui, per alcuni interventi urbanistici-edilizi, sia necessaria la preventiva approvazione di un piano attuativo. Si tratta, in particolare dei Comuni di Brescia, Monza, Bergamo, Varese, Vigevano, Desio, Abbiategrasso, Buccinasco e Montichiari. I restanti Comuni, invece, si sono limitati a indicare i parametri urbanistici, spesso riguardanti specifici tessuti urbani o addirittura aree determinate, per cui la pianificazione attuativa è necessaria. «In ogni caso, si dimostra che questo non è un problema di Milano o della Lombardia, ma di tutta Italia» conclude Bezziccheri. Tradotto: solo la Procura di Milano ha optato per una certa interpretazione della norma, nonostante Palazzo Marino non sia l'unico ad avere autorizzato certi interventi.
Così la ricerca dello studio Belvedere ha analizzato anche la disciplina della pianificazione attuativa in altre Regioni d'Italia: emerge come l'operato della Lombardia, che per altro ha approvato il Pgt del capoluogo, negli ultimi dieci anni non sia un caso isolato.
Ora dunque l'unica via di uscita dall'impasse che si è creata e che ha già dimezzato le richieste di permessi a costruire in sei mesi e provocato un ammanco di 100 milioni di euro di oneri di urbanizzazione, è l'emendamento cosiddetto «Salva Milano» se riuscirà a dare un'interpretazione autentica della norma che va nella direzione della lettura milanese.
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