Lysychansk, sulla linea del fronte orientale. "Gli ucraini sono vicini". E i rinforzi latitano

L'ultima grande città del Donbass riconquistata dai russi vive coi nemici alle porte. Per tamponare le falle servirebbero 50mila uomini e artiglieria

Lysychansk, sulla linea del fronte orientale. "Gli ucraini sono vicini". E i rinforzi latitano

La panetteria è un antro oscuro nel seminterrato di un palazzo annerito dalle esplosioni. Lì una piccola folla attende l'uscita dal forno dei «bulachki», piccoli strudel pesanti come il cemento, addolciti da qualche goccia di marmellata. Costano 25 rubli al pezzo, meno di 40 centesimi d'euro e la gente fa la fila per portarne a casa un po'. «A Lugansk lo pagheresti 200, ma qui i prezzi sono quelli di prima della guerra» sorride incredulo il mio interprete. A Lysychansk, l'ultima grande città del Donbass conquistata dai russi la scorsa estate, si respira un'atmosfera tra l'angosciante e il surreale. Nei vialoni alberati gli edifici sventrati dalle bombe si alternano a quelli intatti, ma desolatamente vuoti. Dei 100mila abitanti originari non son rimasti in città più di 30mila. E non se la passano bene.

I rari passanti si tirano dietro trolley colmi di pane, farina e verdure rimediati nei centri di distribuzione. «Non c'è né acqua, né elettricità, né gas e viviamo con l'incubo della guerra» si lamenta Larissa ex insegnante in pensione mentre ti mostra i resti di un missile conficcatosi nell'asfalto proprio davanti alla panetteria. «Ogni volta che lo vedo mi vengono i brividiSono rimasta qui perché credo nella Russia, ma ora ho paura che tornino gli altri». Gli altri, come li chiama Larissa, sono fin troppo vicini. L'avanzata ucraina su Lyman ha riportato le prime linee a 8-10 chilometri dal centro. Sulla strada tra Severodonetsk e Lysychansk il movimento delle colonne russe dirette in prima linea è accompagnato dai colpi di mortai e obici impiegati per contenere le avanzate ucraine. Nelle ultime 48 ore i rinforzi hanno permesso la riconquista dei villaggi di Torskoye, Novosadovoe e Tern consolidando le linee di difesa, ma la breve avanzata non garantisce né la sicurezza di Lysychansk, né la ripresa dell'avanzata verso i territori del Donetsk in mano ucraina. «Gli ucraini non sono lontani e in alcune posizioni siamo tornati a difenderci, ma per ora non credo riescano ad avanzare» ripete Dzokhar, un combattente di Ahmad Sila, l'unità cecena mandata a difendere queste prime linee. Ma la mera difesa di un fronte compromesso dalle controffensive ucraine non è certo l'obbiettivo di Sergey Surovikin, l'inflessibile generale siberiano nominato comandante in capo delle forze russe in Ucraina. Per annunciare una vittoria credibile e proporre una trattativa agli Usa il Cremlino ha bisogno di controllare tutti i territori delle repubbliche filorusse di Lugansk e Donetsk.

Dunque il principale e immediato obiettivo di Surovikin sarà la conquista di quel 40% dei territori del Donetsk ancora in mano a Kiev. Per riuscirci non bastano le truppe e i mezzi arrivati a rinforzare le linee negli ultimi giorni. Dietro le batoste russe a Kharkiv, Lyman e a Kherson vi è la scarsità di effettivi garantiti da un Operazione Speciale che prevedeva la tenuta di oltre mille chilometri di fronte con appena 120mila uomini. Dietro le avanzate ucraine vi sono, invece, un'intelligence Nato capace d'individuare le fragilità delle difese russe, l'agilità delle unità di Kiev ri-addestrate in Europa e la precisione dei missili Himars nel colpire le retrovie logistiche. Per tamponare queste falle servirebbero, nell'immediato, almeno 50mila uomini accompagnati da quell'artiglieria e quel munizionamento fondamentali, secondo la dottrina militare russa cara a Surovikin, per garantire l'avanzata delle proprie truppe. Ma per ora nonostante l'annunciata mobilitazione di 300mila riservisti non s'intravvedono rinforzi così vasti.

Certo la minaccia degli Himars spinge sicuramente i russi alla cautela. Ma come s'intuisce qui a Lysychansk il principale problema di Surovikin sarà rilanciare l'avanzata senza esporre logistica e retrovie. Un ostacolo che il generale, fautore in Siria di un massiccio uso dei bombardamenti aerei, potrebbe superare intensificando l'impiego di un'aviazione ampiamente sotto-utilizzata nei primi 230 giorni di guerra. Ma da Washington già arrivano voci di un'imminente fornitura di armi antiaeree e di nuovi missili capaci di colpire con precisione fino a 300 chilometri.

L'escalation russa rischia insomma di generare una risposta quantomeno simmetrica. Quanto basta per precludere la vittoria a entrambe le parti e far temere un nuovo stallo ancor più improduttivo, incontrollabile e sanguinoso.

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