L'arma segreta è quasi pronta. Beppe Grillo ha deciso di portare fino in fondo la guerra a Giuseppe Conte, colpevole di aver snaturato il Movimento che lui aveva fondato. Conte ha preso un'altra strada e ha lanciato la Costituente, attesa per ottobre. Ma l'Elevato non è rimasto con le mani in mano. Anzi, fra polemiche e sciabolate reciproche, si è rivolto ad uno dei più noti civilisti della Capitale, l'avvocato Pieremilio Sammarco, e l'uomo di legge si è messo all'opera. Risultato: Sammarco, a quanto risulta al Giornale, sarebbe pronto ad accendere la miccia d'un ricorso d'urgenza, ex articolo 700, per sfilare il simbolo dei 5 Stelle all'ex premier.
La tesi è semplice e insieme sofisticata: Conte avrebbe tradito i valori fondanti del Movimento e Grillo a questo punto vorrebbe riprendersi il simbolo del partito.
Il simbolo infatti apparterrebbe all'Associazione Movimento 5 Stelle, creata a Genova nel 2016 dal comico. Siamo dentro un ginepraio giuridico dalle evidenti ricadute politiche, perché esistono tre associazioni, ma gira e rigira il marchio sarebbe proprietà di quella legata alla figura del Garante. E il tribunale, se dovesse seguire questa impostazione, gli riconsegnerebbe la «bandiera» dei 5 Stelle.
Non è detto che si proceda in questa direzione e nessuna decisione è stata ancora presa, ma questa è l'ipotesi sempre più accreditata. Se la mossa dovesse andare in porto, per Conte la via si farebbe più accidentata: a qual punto si troverebbe a gestire un movimento che non sarebbe più quello dei 5 Stelle ma un'altra cosa.
Conte ha avviato una ricognizione dentro il mondo dei 5 Stelle, ma intanto si delineano all'orizzonte grandi cambiamenti, a cominciare dallo sdoganamento del terzo mandato che Grillo vede come il fumo negli occhi.
Sammarco è lontano dall'ambiente grillino, ma nel suo studio lavorava Virginia Raggi e questo deve aver spinto Grillo a bussare alla sua porta. Conte controlla gran parte del partito, che pure ha conosciuto molte defezioni e una vera e propria diaspora, ma Grillo sta meditando il da farsi e forse ha deciso di non arrendersi e di non consegnare la sua creatura al giurista pugliese.
Insomma, la disfida si fa sempre più incandescente. È da tempo del resto che volano gli stracci. Nei giorni scorsi, Grillo aveva detto senza tanti giri di parole che avrebbe esercitato «i diritti che lo statuto gli riconosce come garante» per evitare «l'abbattimento» dei 5 Stelle. E Conte gli aveva risposto per le rime: «Non accetterò mai - queste le sue parole, domenica, alla festa del Fatto Quotidiano - di vivere in una comunità in cui c'è un soggetto sopraelevato rispetto alla comunità stessa. È un principio antidemocratico».
Insomma, strappo dopo strappo fra i due è sceso il gelo e le visioni del fondatore e dell'attuale leader sono ormai inconciliabili. Ma qualcuno pensava che Grillo, ormai apparentemente ai margini e in minoranza, avrebbe lasciato perdere.
E invece l'idea, certo ancora da formalizzare, pare essere quella di rimettere le mani sul simbolo, lasciando a Conte il bastone del comando su un involucro che dovrebbe essere ribattezzato in qualche modo. Ci sarebbe un'autorizzazione implicita all'uso del marchio 5 Stelle che però potrebbe essere revocata. Dall'altra parte si fa però notare che Grillo si era impegnato, con tanto di clausola scritta, a non sollevare dispute giuridiche su questi temi.
Insomma, l'eventuale ricorso eventuale al tribunale di Roma non avrebbe chance. Ora la parola spetta a Grillo che deve fare l'ultimo passo, senza ritorno. Così sarà un giudice a decidere il destino del partito che ha fatto del giustizialismo un dogma.
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