Stavolta è diverso. Non è una rivolta come tutte le altre. In trenta hanno già la valigia in mano. E a ottobre potrebbero diventare addirittura un centinaio. Almeno stando al quadro che emerge dai racconti di alcune fonti parlamentari autorevoli all'interno di un M5s sempre più squassato. Intanto si autosospendono tre deputati. Ma sono solo la punta dell'iceberg di una sommossa trasversale in grado di far implodere il Movimento. Nel mezzo c'è Luigi Di Maio, l'ex capo politico sempre più leader, che prova a mediare tra Davide Casaleggio e la stragrande maggioranza del gruppo parlamentare. E però il fossato che divide i gruppi e Casaleggio è troppo ampio.
I parlamentari che alzano la testa sono Carlo Ugo De Girolamo, Fabio Berardini e Paolo Romano. Annunciano la loro decisione su Facebook e definiscono «vergognoso» l'attacco lanciato lunedì dal guru nella lettera in cui «spegneva» Rousseau a causa dei «portavoce» morosi. I tre picconano a testa bassa. Parlano del ruolo della piattaforma e di Casaleggio come di «una distorsione, un'anomalia grave». «Non resta che prendere una decisione sofferta, quale ultimo grido di aiuto, autosospendendoci con effetto immediato dal M5s», dicono. In una nota sul Blog delle Stelle, firmata Associazione Rousseau, il guru replica spiegando che Rousseau risponde agli organi politici del M5s e che ossequia alla trasparenza delle spese attraverso la pubblicazione del bilancio. E sottolinea: «Berardini e De Girolamo non rendicontano dal mese di dicembre 2019, Romano dal mese di agosto 2019». Casaleggio ribadisce: «Gli impegni presi vanno onorati». Proprio l'utilizzo da parte di Rousseau del sito ufficiale del M5s ha innescato altri malumori. Reagisce Roberta Lombardi, grillina storica e capogruppo M5s in Regione Lazio. «A Davide Casaleggio dico che l'associazione Rousseau per eventuali comunicazioni si deve ricordare di usare il suo sito istituzionale perché il Blog delle Stelle è lo strumento ufficiale di comunicazione del M5s». Per Lombardi, che è anche componente del comitato di Garanzia, Rousseau è solo «un'associazione di servizio». E anche l'altro padre nobile del M5s non naviga in acque tranquille. Dai bilanci della società di Beppe Grillo che gestisce il Blog, visionati dall'Adnkronos, si evince un calo degli utili nel 2019, e soprattutto la conclusione di tutti i contratti, con una previsione «incerta» per il 2020. Mentre Alessandro Di Battista in un articolo su Tpi suona la carica per il Sì al referendum. Dibba dice: «Il M5s ha realizzato una pulizia etica all'interno delle Istituzioni».
Ma il Movimento è scosso come non mai. Sono poco meno di trenta i parlamentari che rischiano l'espulsione perché «morosi», in maggioranza deputati. Gli stessi pronti ad abbandonare il M5s subito dopo il 22 settembre nel caso in Puglia perdesse Michele Emiliano e vincesse il Sì al referendum. Secondo fonti autorevoli, andrebbero a formare «un gruppo autonomo in sostegno a Conte», sicuramente a Montecitorio, e anche al Senato se riuscissero ad arrivare a dieci senatori. Comunque la catastrofe arriverebbe a ottobre, qualora non venissero convocati degli «Stati Generali reali», ovvero un congresso con tutti i crismi. Allora potrebbe scatenarsi un esodo di un centinaio di parlamentari.
E Di Maio? «A lui andrebbe bene, basta che non si vada a votare, anzi si libererebbe di tanti peones che gli creano problemi e sarebbe l'unico credibile per formare una segreteria a capo del M5s», tira le somme un deputato ben addentrato nei meccanismi che contano.
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