Macron avanti ma di poco. Sarà ballottaggio con Le Pen. "Fermiamo l'estrema destra"

Da una saletta dell'Eliseo, Emmanuel Macron scopre di essere in testa al primo turno delle elezioni presidenziali con il 27% circa

Macron avanti ma di poco. Sarà ballottaggio con Le Pen. "Fermiamo l'estrema destra"

Da una saletta dell'Eliseo, Emmanuel Macron scopre di essere in testa al primo turno delle elezioni presidenziali con il 27% circa. Il margine che lo divide dalla seconda classificata è meno stretto del previsto. Secondo i primi dati, circa 1 punto da Marine Le Pen, risalita al 26%. L'entourage del capo dello Stato prepara già la strategia: per evitare che l'avversaria N. 1 possa attirare i voti degli sconfitti, necessari per sottrarre al capo dello Stato il bis all'Eliseo.

Già, perché il terzo classificato, fuori quindi dal ballottaggio, è Jean-Luc Mélenchon, che si attesta attorno al 20%. Un risultato considerevole per il leader dell'estrema gauche, vista anche la provocazione lanciata alla stessa famiglia da cui proviene, quei socialisti da cui si è sganciato da tempo per guidare la France Insoumise gettandosi per la terza volta in solitaria nella corsa presidenziale senza sottoporsi alle primarie d'area: «Per difendere la tradizione della sinistra francese affinché non fosse cancellata com'è successo per i compagni italiani».

La mancata vague rouge, ormai sbiadito ricordo d'Oltralpe, lascia pezzi di elettorato di sinistra senza leader su cui puntare al ballottaggio. Sul piano economico, la candidata più simile alle idee di Mélenchon è proprio la sovranista Le Pen, su cui certi militanti dell'estrema sinistra si dicono già pronti a convergere. Basteranno per battere Macron? Di mezzo ci sono altri voti. Anzitutto quelli di Eric Zemmour, l'ex editorialista del Figaro che si ferma intorno al 7% e invita a scegliere Le Pen al ballottaggio. Fa lo stesso Marion-Maréchal Le Pen.

Macron fatica. Non solo per il Covid e la guerra che ha rallentato la campagna presidenziale, rendendola quasi inafferrabile. Ma perché la rabbia di chi si è sentito abbandonato dall'Eliseo è cresciuta in piazza e negli uffici pubblici: quella degli insegnanti in primis.

L'atteso disgelo del corpo elettorale non c'è stato. L'astensione si attesta al 26,5%; non così drammatica come si ipotizzava alla vigilia, ma comunque alta e superiore a quella di cinque anni fa di 4 punti. Segno che molti francesi hanno deciso di non scegliere tra 12 candidati troppo simili. Specie a Parigi, dove 1 residente su 2 non è andato alle urne. Nella capitale, Macron nel 2017 fece quasi l'en plein, stavolta paga dazio.

Il 24 aprile sarà diverso? Certo non sarà una replica della sfida di cinque anni fa tra i due protagonisti. Specie perché la destra neogollista registra una sconfitta storica, il suo peggior risultato di sempre: rappresentata da Valérie Pécresse, si ferma al 5% circa. Doccia fredda per la donna che si dice erede della tradizione di De Gaulle: «Ho proposto l'ambizione di una Francia unita attorno ai valori di libertà e lavoro, non sono riuscita a convincere, è una sconfitta personale e collettiva, me ne assumo tutta la responsabilità e mi inquieta che l'estrema destra possa farcela». Attacca Le Pen e la sua vicinanza a Putin: «Perciò voterò Macron», ma niente indicazioni di voto di partito, troppo diviso: almeno un terzo della base sembra infatti già pronto a virare su Le Pen: Eric Ciotti dice che non voterà Macron, mentre il padre dei Républicains Sarkozy continua a sussurrare all'orecchio del presidente in carica.

Gli altri candidati non sfondano: la sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo sfiora il 2%; il verde Yannick Jadot si accontenta del 4,4%. In cima alle preoccupazioni ci sono inflazione e potere d'acquisto, non più tanto l'ecologia. La sfida che conta è già partita. Non c'è una sola Francia.

Per entrare in empatia con 49 milioni di elettori, non esiste una ricetta unica che possa unire tutti i punti dell'Esagono. Ecco perché Le Pen promette apertura a destra e sinistra in caso di vittoria. Per un governo che non isoli nessuno.

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