Trema l'impero giornalistico del Mezzogiorno messo su dall'imprenditore catanese Mario Ciancio Sanfilippo. Nel mirino della Dda di Catania, infatti, sono finiti due tra i quotidiani più quotati del Sud: La Sicilia, che è stato commissariato per garantire la continuazione del gruppo, e le quote della Gazzetta del Mezzogiorno, principale quotidiano di Bari, per le quali è stata chiesta la confisca e il sequestro. I sigilli sono scattati anche per le due emittenti televisive siciliane: Antenna Sicilia e Telecolor. Il decreto di confisca e sequestro emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Catania ed eseguito dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Catania riguarda anche i conti correnti, le polizze assicurative, 31 società, le quote di partecipazione in altre 7 società e i beni immobili dell'imprenditore, per un valore non inferiore ai 150 milioni di euro.
Il re dell'informazione siciliana si difende rigettando le accuse di «fondi non giustificati nelle società» e di «sproporzioni fra le entrate e le uscite», ma per la procura di Catania è questo l'epilogo di una lunga inchiesta giudiziaria che si affianca al procedimento in corso a carico dell'imprenditore per concorso esterno in associazione mafiosa. Le indagini sono partite dalla verifica di fondi che Ciancio deteneva in Svizzera, intestati a fiduciarie del Liectenstein. Dopo una prima richiesta di sequestro che viene respinta, le indagini proseguono con la richiesta della procura alla Pwc, che si occupa di revisione di bilanci e consulenza legale, di esaminare il patrimonio dell'imprenditore dal 1979 al 2014. È stata riscontrata poca trasparenza nelle entrate, ed è arrivata la richiesta del provvedimento.
«Nell'ambito del procedimento di prevenzione a mio carico ritenevo di avere dimostrato, attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi e che il mio patrimonio è frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me», dice Ciancio che annuncia appello.
Il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, lancia una proposta: «Il sequestro del quotidiano La Sicilia diventi occasione per ribaltare la storia opaca di quel giornale e della sua direzione. Se vi sarà confisca, si affidi la testata ai giornalisti siciliani che in questi anni hanno cercato e raccontato le verità sulle collusioni e le protezioni del potere mafioso al prezzo della propria emarginazione professionale».
E a tutela dei giornalisti, siciliani e pugliesi, intervengono anche l'Ordine dei giornalisti e il sindacato.
La Federazione nazionale della Stampa italiana, l'Associazione siciliana della Stampa, l'Associazione della Stampa di Puglia e l'Associazione della Stampa di Basilicata esprimono «preoccupazione» per il provvedimento: ««Ferme restando le esigenze di indagine e nel rispetto dell'attività degli inquirenti - scrivono - il sindacato dei giornalisti non può non evidenziare il rischio che tale provvedimento possa mettere a repentaglio la sopravvivenza di aziende editoriali che rappresentano un patrimonio per l'informazione nel Mezzogiorno».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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