Dalla mafia a Mani Pulite, quando le grandi inchieste erano fatte senza "cimici"

Falcone e Borsellino non utilizzavano scorciatoie. Idem il pool della prima ora

Dalla mafia a Mani Pulite, quando le grandi inchieste erano fatte senza "cimici"
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Sembra quasi che senza le intercettazioni non si possano più fare le indagini: quando invece è evidente che le intercettazioni hanno sostituito le indagini. Sono più comode, anche perché a sbobinare le infinite conversazioni è delegata quella stessa polizia giudiziaria che un tempo le indagini le faceva: questo benché, tecnicamente, le intercettazioni non costituiscano «prova» bensì solo «fonti di prova». Sta di fatto che nessun paese ne abusa come il nostro (ambientali, telefoniche, trojan) e ogni tentativo di contenerne la proliferazione, anche in questi giorni, fa volare stracci e paventa un consueto «piano per indebolire la lotta alla criminalità», talché sarebbero «a rischio migliaia di inchieste» come ha detto il presidente dell'Associazione magistrati. Repubblica, Stampa e ovviamente il Fatto Quotidiano si accodano: accorciare la durata di ciascuna intercettazione a non più di 45 giorni (eccezion fatta per rati di mafie e terrorismo) ci farebbe riprecipitare in una sorta di preistoria inquirente. Da qui la domanda: com'era, prima? Come faceva la magistratura a indagare senza intercettazioni? Forse che la criminalità imperava, forse che i colpevoli non venivano scoperti?

Pro memoria: le due più importanti indagini degli ultimi 35 anni, il Maxiprocesso a Cosa Nostra e l'inchiesta Mani pulite, di intercettazioni non fecero uso.

Il Maxiprocesso è quello di Falcone e Borsellino (nella foto). Quest'ultimo compilava con pazienza certosina dei quadernetti dove annotava tutto: nome dell'imputato, circostanze che lo riguardavano e pagine processuali in cui era citato. I computer non c'erano. Il computer era Borsellino. A fare la differenza fu proprio l'accuratezza dei pubblici ministeri e l'abilità dei giudici nel dribblare le sempre nuove trappole dilatorie disseminate nel dibattimento: questo muovendosi, paradossalmente, adottando un Codice di procedura assai più farraginoso e garantista rispetto a quello che la giurisprudenza «rivoluzionaria» dal tardo 1989 avrebbe progressivamente stravolto. Non solo non c'erano le intercettazioni, ma era distante anni luce anche certa disinvoltura legislativa che le corti europee avrebbero contestato regolarmente al nostro Paese, quindi la prima e terribile versione dell'articolo 41bis (anche detto carcere duro) e più avanti il pervertimento dei reati associativi nonché del «concorso esterno in associazione mafiosa». Il più importante processo su Cosa Nostra che si ricordi fu combattuto e stravinto solo grazie a testimonianze e a migliaia di riscontri concessi dal vecchio e spuntato Codice Rocco: senza cioè leggi al limite del Costituzionale, senza fonti di prova trasformati in prova (come appunto le intercettazioni) e senza «concorsi esterni» che peraltro il Parlamento non approvò mai, essendo un combinato disposto di due articoli del Codice liberamente abbinati tra loro da una giurisprudenza creativa. Il Maxiprocesso fu condotto sino in fondo col coraggio, l'intelligenza e l'olio di gomito di magistrati eccezionali. Non c'erano neanche computer, come detto: altro che droni e software trojan.

L'inchiesta Mani pulite fu tutt'altra cosa, e di intercettazioni si parlò solo per l'arresto di Mario Chiesa (ma erano legate ad altra indagine precedente) e poi per l'arresto del giudice Renato Squillante nel 1996, quando l'inchiesta era praticamente finita. Ma proprio le modalità dell'arresto di Mario Chiesa, riviste oggi, fanno comprendere quanto fosse diverso l'atteggiamento della magistratura a proposito del carcere preventivo (la custodia cautelare) e appunto delle intercettazioni.

Oggi, come in Mani pulite, una sola chiamata in correità e uno straccio di intercettazione sono ritenute sufficienti per incarcerare chicchessia; ma allora, in un regime di «normalità» se paragonato a oggi, Di Pietro non si fece bastare la confessione di un accusatore, Luca Magni, e tantomeno si fece bastare delle intercettazioni telefoniche: dovette predisporre delle banconote segnate, un microfono e persino una telecamera nascosta in una valigetta, anche se inquadrò solo il pavimento per tutto il tempo. Poi Mani pulite sbracherà: ma, prima che degenerasse nelle procedure, arrestare era una cosa seria, servivano pezze d'appoggio consistenti: non bastava una conversazione orecchiata da un maresciallo.

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