C'è un certo nervosismo, nella maggioranza, sul delicato tema delle infrastrutture. Il ministro competente in materia, Danilo Toninelli (M5S), in un'intervista al Sole 24 Ore sottolinea che "le infrastrutture sono il volano migliore per far ripartire l'economia. Qui non si tratta di azzerare tutto, ma di sviluppare in continuità ciò che funziona e innovare dove le cose non funzionano, per esempio snellendo le procedure Cipe". Usa parole che tendono a rassicurare, a sottolineare che le cose utili vanno fatte.
Prosegue osservando che "le opere utili aiutano la competitività delle imprese, migliorano la qualità della vita dei cittadini e una buona manutenzione ordinaria consente allo Stato di risparmiare". E indica le priorità: "Mobilità fossil free, ferrovie regionali, legalità e Sud". Al contempo riconosce che devono cambiare diverse cose rispetto al passato, ad esempio "la qualità della spesa, la capacità di programmazione". E citando la legalità ("gli appalti pubblici necessitano di grande trasparenza e maggiore semplicità") assicura che ci sarà ampia "collaborazione con l'Anac".
Archiviati i preamboli, veniamo al sodo. Prima di tutto concentrandosi su tre importanti opere: Tav, Mose e Pedemontana. Cosa vuol fare il governo? Toninelli non si sbilancia ma assicura che "tutte le opere saranno sottoposte a un'attenta valutazione del rapporto tra costi e benefici, verificando sostenibilità economica e ambientale". Insomma, si riparte da zero. Ma è su questo punto che potrebbero registrarsi alcuni problemi in seno alla neonata maggioranza, con la Lega che spinge forte per talune opere, e il Movimento 5 Stelle che, invece, accarezza l'idea di mettere tutto in discussione, per non dire bloccare. Si nota già un certo nervosismo, ad esempio interpretando le parole del governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, che si sofferma su Mose e Pedemontana, che interessano la sua regione: "Io penso che (Toninelli, ndr) sia il ministero delle Infrastrutture, non quello delle disinfrastrutture". I due partiti hanno anche punti in comune, ad esempio il forte scetticismo sulla fusione (voluta da Renzi) della fusione tra Anas e Fs: Lega e M5S non sono convinti.
Sul tema infrastrutture si registra anche la dura critica di Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce unico dei gruppi azzurri di Camera e Senato. Nel suo intervento a Montecitorio nel corso della discussione sulla fiducia al governo, attacca: "Il contratto per il governo del cambiamento ci consegna la certezza della drammatica prospettiva del governo del peggioramento e dell’arretramento". Nel discorso programmatico del presidente, prosegue, "non c’è posto per la parola infrastrutture", eppure "sono la leva di prosperità di qualsiasi Paese, sia esso in via di sviluppo, mediamente industrializzato o addirittura tra i sette grandi della terra. Nelle 24 pagine di comunicazioni, nei 26 titoli alla voce infrastrutture... zero tituli.
Perché? La verità - ha aggiunto Mulè - è che su infrastrutture e grandi opere al governo e alla maggioranza tremano le gambe, sono terrorizzati, ondeggiate tra vuote dichiarazioni, spesso contraddittorie, e fughe nette dalla realtà. Governo e maggioranza stanno giocando con il futuro di migliaia di lavoratori, con il futuro dell’economia, con quello dell’Italia".
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