Più che un rimaneggiamento una vera e propria riscrittura. Ecco perché, nonostante ieri sera fosse convocato il Consiglio dei ministri, la nuova bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non ha visto la luce. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, e i tecnici di Via XX Settembre ne hanno modificato i contenuti pur mantenendo invariati gli obiettivi. La ripartizione degli stanziamenti è a tutt'oggi oggetto di trattativa politica tra i partiti della maggioranza ma si può già affermare che alcune richieste di Italia viva sono state accolte. In particolare dovrebbe diminuire la quota destinata al finanziamento dei bonus che originariamente era fissata attorno al 40% dei 209 miliardi complessivi che Next Generation Eu fornirà all'Italia. L'intento è quello di ridurre il superammortamento per l'acquisto di beni strumentali a basso contenuto tecnologico e saranno espunti tutti i microprogetti dal vago sapore elettoralistico. Saranno, quindi, rafforzati gli investimenti in infrastrutture, digitalizzazione e tecnologie green. Renzi, però, non avrà partita vinta sulla rimodulazione dei piani: solo 40 miliardi saranno destinati ai nuovi progetti mentre con gli altri 87 miliardi di finanziamenti (loans) si provvederà a garantire la realizzazione di opere già avviate.
Il leader di Italia viva dovrebbe portare a casa anche l'eliminazione del Centro di ricerca sulla cybersecurity, uno dei progetti più controversi della bozza predisposta dal premier Conte. Sulla governance delle risorse è previsto una gestione più collegiale. Il Pd, nel frattempo, ha ottenuto maggiori fondi per i servizi sociali, l'integrazione sociosanitaria, il terzo settore, gli anziani e gli asili nido. Queste, stando a quanto si apprende, alcune delle modifiche alla bozza del Recovery plan. Sull'attuazione di queste linee guida vigilerà il ministro delle Politiche Ue, Enzo Amendola, diretta emanazione della segreteria del Nazareno.
Se la matassa del Pnrr resta comunque difficile da sbrogliare, altrettanto complicata è la questione relativa alla messa a punto del quinto dl Ristori. Il nuovo scostamento di bilancio da 20 miliardi di euro potrebbe, infatti, non essere sufficiente a garantire indennizzi adeguati a tutte le categorie. I ritardi nella distribuzione dei vaccini anti-Covid rischiano di allungare i tempi per l'uscita dalla crisi economica e quindi potrebbe essere addirittura necessario il varo di un sesto decreto oltre quello in rampa di lancio. Basti solo pensare che il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ieri in un'intervista a Repubblica ha anticipato l'intenzione di estendere il divieto di licenziamento oltre il termine finora previsto del 31 marzo, un'ipotesi che se realizzata renderebbe necessario allungare ulteriormente la cassa-Covid spendendo ben più degli ulteriori 5 miliardi già pianificati con il nuovo dl. E a Via XX settembre hanno già compreso che la maggioranza attuale non è in grado di gestire da sola questa fase complicata. Ieri i viceministri dell'Economia, Laura Castelli e Antonio Misiani, hanno accolto le indicazioni dei forzisti Claudia Porchietto e della renziana Silvia Fregolent incontrando alcuni rappresentanti del settore sciistico, dagli impianti di risalita agli istruttori incluso l'indotto di questo comparto.
L'obiettivo è definire «un sostegno concreto» per questa categoria, particolarmente colpita dal lockdown invernale, al fine di inserire misure efficaci nel prossimo dl Ristori. Un'iniziativa che sembra prefigurare l'avvio di una nuova stagione politica.
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