Manager in silenzio per tutto il giorno: sorpresi dalla mossa e in attesa dell'aiuto di Bce e Bankitalia

Quando ieri sera poco prima dei telegiornali delle 20 il ministero dell'Economia ha diffuso una nota di precisazione relativamente alla tassa sugli extraprofitti delle banche accennando a un tetto, l'umore dei top manager degli istituti italiani è leggermente migliorato

Manager in silenzio per tutto il giorno: sorpresi dalla mossa e in attesa dell'aiuto di Bce e Bankitalia
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Quando ieri sera poco prima dei telegiornali delle 20 il ministero dell'Economia ha diffuso una nota di precisazione relativamente alla tassa sugli extraprofitti delle banche accennando a un tetto, l'umore dei top manager degli istituti italiani è leggermente migliorato. Sarà sempre un salasso, ma probabilmente sarà contenuto nella parte bassa della forchetta inizialmente stimata, cioè tra i 2 e i 3 miliardi.

La situazione sarebbe potuta decisamente peggiorare viste le premesse di lunedì sera e di ieri mattina con i crolli di Borsa. Eppure, la tempesta non era inattesa. Già durante la stesura della legge di Bilancio 2023 si era ventilata l'ipotesi di tassare gli extraprofitti delle banche per recuperare risorse e la possibilità era rimasta in campo fino alla scorsa primavera quando il presidente dell'Associazione bancaria italia (Abi), Antonio Patuelli, a più riprese dichiarò che gli extraprofitti «non esistono, altrimenti si dovrebbe parlare anche delle extraperdite accumulate dalle banche negli anni dei tassi zero».

A giugno il sistema deve aver ricevuto qualche forma di garanzia tant'è vero che il 5 luglio scorso all'assemblea Abi Patuelli non accennò più alla questione, mentre il ministro Giorgetti invitò le banche a prodigarsi per trovare una soluzione sul caro-mutui e per aumentare i tassi applicati sui depositi. Insomma, l'argomento era sparito dai radar fino a lunedì scorso quando l'argomento è stato riportato in Consiglio dei ministri (e si mormora che il vicepremier Tajani, molto sensibile alla questione non fosse presente in quel momento).

Di qui la scelta del silenzio operata ieri sia dall'Abi che da tutto il sistema bancario italiano. L'unica eccezione è stata l'ad della Popolare di Sondrio, Mario Alberto Pedranzini, che presentando i conti ha dichiarato: «Siamo stati colti di sorpresa e restiamo in attesa della pubblicazione del decreto, al fine di valutarne gli effetti sul bilancio». Che poi è la ragione per cui nessun altro abbia parlato.

La speranza era che di lì alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale qualcosa potesse cambiare in meglio. Anche per effetto della moral suasion della Banca d'Italia e della Bce che già l'anno scorso non mancò di far notare alla Spagna che l'applicazione di una simile imposta avrebbe inciso negativamente sia sulla capacità di credito delle banche (in quanto meno redditive) che sulla trasmissione della politica monetaria. E il fatto che il governatore Ignazio Visco non abbia mai accennato nei suoi interventi a simili curvature della leva fiscale è esemplificativo. E sicuramente qualcosa è stato fatto anche ieri visto il tenore del comunicato di Giorgetti. Tanto più che Francesco Giavazzi, consigliere economico dell'ex premier e capo dell'Eurotower Mario Draghi, ieri ha sottolineato al Financial Times che «non si fanno cose simili senza dirlo»

Analoghe speranze di sostegno indiretto erano riposte sia nel mondo assicurativo che in quello dei fondi di investimento.

Le compagnie e gli asset manager sono grandi detentori di titoli bancari considerato il loro rilevante peso nell'indice Ftse Mib di Piazza Affari. Depauperare la filiera del risparmio italiano, come si è visto dalla débâcle delle banche ieri a Milano, è un boomerang che difficilmente si può schivare. Ma forse il buon senso, alla fine, ha prevalso.

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