La maestra cattiva, quella che terrorizzava i bambini a suon di botte e parolacce? Non è mai esistita. Al massimo ha abusato dei mezzi di correzione.
Per tre mesi Manuela Giacomazzi è stata per l'Italia intera l'orco di Pavullo. Il primo febbraio alla porta di casa sua, nel piccolo paese alle porte di Modena, avevano bussato i carabinieri per notificarle un'ordinanza cautelare. Arresti domiciliari disposti dal gip con l'accusa per lei, maestra cinquantaduenne, di maltrattamenti aggravati ai danni dei bambini della scuola materna «Mariele Ventre». Una trentina gli episodi contestati: bimbi spintonati, altri intimiditi con urla, altri ancora per punizione lasciati al freddo sulle scale esterne. L'educatrice aveva provato a fornire spiegazioni. Con i suoi avvocati, pochi giorni dopo, aveva anche riguadagnato la libertà. Ma gli inquirenti, sulla base delle immagini delle telecamere piazzate nelle aule dai militari, avevano ottenuto che alla donna fosse comunque vietato avvicinarsi all'istituto scolastico. E questo era bastato a farla entrare nella categoria dei mostri, sull'onda di quei video: atti di indagine, eppure tramite la rete ed i tg entrati nelle case degli italiani.
Smontata la gogna mediatica, però, ci si accorge che dietro le apparenze forse c'è un'altra verità. Come nel caso di Rosemma Testa, a novembre assolta in appello dal reato di maltrattamenti nei confronti dei suoi piccoli allievi dell'asilo di Noli, nel savonese. Come per Laura Noghera e Gelis Caraballo Bernaris, tritate mediaticamente e licenziate perché sospettate di aver picchiato i piccoli allievi del nido di Cura Carpignano, vicino Pavia, ma prosciolte in udienza preliminare. E così per tre loro colleghe dell'asilo (ribattezzato degli orrori) di Pinerolo, nell'ottobre del 2014 riconosciute innocenti in secondo grado: si imputava loro, tra l'altro, di aver infilato in un cassettone un fanciullo irrequieto. Il copione s'è ripetuto a Pavullo. «L'indagine è stata condotta con assoluta professionalità in tempi molto rapidi», dicevano dalla Procura nelle ore dell'arresto. «Il problema grande è il silenzio degli altri insegnanti», tuonavano in coro i psicoterapeuti da talk show puntando il dito contro i maestri solidali con la collega. «Una vicenda aberrante», incalzavano sul fronte politico dal Dipartimento per l'infanzia del Pd. Ma ora a cambiare direzione è proprio chi indaga. Chiudendo le indagini, la Procura ha innestato la retromarcia e riqualificato i fatti: al «Ventre» non ci furono maltrattamenti. Tutt'al più «situazioni originate da abuso dei mezzi di correzione».
Coi magistrati che attraverso un comunicato stampa adesso invitano i media «a non sostituirsi all'accertamento giurisdizionale, ma a raccontare con equilibrio vicende spesso complesse e delicate». Non un cenno a chi autorizzò la diffusione dei filmati. Neppure un pensiero per Manuela Giacomazzi. E la chiamano giustizia.GIac
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