Eccoci. L'appuntamento con il rinnovo del Parlamento europeo è ormai imminente e mentre il dibattito politico di queste settimane quasi mai è stato stimolante e documentato, arriva però dalla Francia un segnale forte. Redatto da Jacques Garello e già sottoscritto da vari intellettuali (anche italiani), è apparso su Le Figaro un manifesto che propone un autentico cambio di paradigma. Nuotando controcorrente, questo gruppo di liberali non chiede «più Europa» (intendendo con ciò «più potere agli eurocrati»), ma invece «più libertà». Quella che sarebbe dovuta essere un'istituzione al servizio delle libertà, nel corso dei decenni è diventata infatti uno Stato imperiale in nuce, un meccanismo volto ad accentrare il potere e che non a caso già preannuncia basta ascoltare i proclami di Emmanuel Macron un esercito continentale: una prospettiva, questa, che dovrebbe farci tutti rabbrividire, anche alla luce del fatto che nella storia il sorgere di nuove istituzioni politiche è stato solitamente accompagnato da guerre e morti.
Uno dei passi cruciali del documento è quello in cui Garello afferma che «ciò che possono fare i singoli e gli organismi intermedi (i comuni, i dipartimenti, le regioni, gli Stati nazionali) ha la precedenza su ciò che vuole fare l'Unione europea». Se s'affermasse questa prospettiva, Bruxelles diventerebbe una realtà al servizio dei diritti degli europei, e non già un centro di potere dominato da innumerevoli e ben poco chiari scambi di interessi tra il ceto politico-burocratico e lobby di ogni tipo. Se si accettasse la logica liberale della responsabilità individuale, l'Unione diverrebbe un espediente utile soltanto in qualche circostanza per favorire cooperazioni, e nulla di più.
Alla base di questa presa di posizione c'è una grande passione per l'Europa e per quanto di grande ha saputo fare nei secoli passati, dato che senza dubbio «è una peculiarità europea quella di avere mescolato istituzioni e culture diverse e in competizione tra loro». L'Europa è diversità, pluralismo, autogoverno e libertà di scelta: per questo il Leviatano centralizzatore e burocratico che produce direttive a getto continuo appare in una prospettiva autenticamente liberale ciò che di meno europeo si possa immaginare. Ricordare la peculiarità del Vecchio Continente significa avvertire quanto c'è di minaccioso in un progetto politico che talora si propone di uniformare lettoni e portoghesi, irlandesi e greci, tedeschi e italiani, romeni e finlandesi; e che in questo modo tende non di rado a delineare un «tipo europeo» con valori e principi a cui tutti dovrebbero aderire. La tesi dei liberali che hanno firmato il manifesto è che sia urgente schierarsi con decisione per un'Europa senza barriere per le persone e le merci, ma al tempo stesso sia indispensabile contrastare gli editti di chi vuole svuotare non soltanto i diritti individuali e la proprietà (basti pensare alla «transizione verde»), ma anche la capacità dei governi locali di gestire in autonomia il maggior numero di dossier.
L'Unione attuale sta ormai tradendo in modo sistematico il principio di sussidiarietà su cui in teoria essa dovrebbe poggiare, e questo perché ogni progetto che concentri il potere e l'allontani dai cittadini finisce per fare
gli interessi dei politici e di quanti traggono beneficio da uno stretto rapporto con loro. Garello e gli altri studiosi liberali, allora, ci invitano a quella vigilanza che è davvero necessaria per non finire nel baratro.
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