L'ultima piroetta dei 5s: "Potenziare la Tap"

Il Sottosegretario agli Esteri annuncia il raddoppio della portata del gasdotto per combattere il caro-energia. Peccato che il Movimento 5 Stelle fosse tra gli oppositori dell'opera, e lui era in prima fila

L'ultima piroetta dei 5s: "Potenziare la Tap"

Il Movimento 5 Stelle si è accorto, finalmente, della questione energetica. E sebbene i rincari sulle bollette di luce e gas si siano già concretizzati in macigni insopportabili per le famiglie, secondo il Sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, la situazione tornerà presto sotto controllo. Come? Raddoppiando la portata della Tap... che fosse stato per loro non si sarebbe mai realizzata.

Nelle scorse ore Di Stefano ha scritto sui suoi canali social: "Siccome viviamo una crisi energetica si moltiplicano gli annunci deliranti a sostegno di un nucleare “sicuro e pulito” (che ad oggi non esiste) ed a nuove opere faraoniche: Oggi è stato il turno del gasdotto Transadriatico (Tap) di cui si è paventato un raddoppio infrastrutturale. Stiamo lavorando da oltre un anno al raddoppio della portata della Tap da 10 a 20 miliardi di metri cubi annui".

Altro che vincolo di mandato, con gli esponenti del Movimento 5 Stelle bisognerebbe parlare di "vincolo di programma". I pentastellati, da sempre contrari ai cambi di casacca (scrivevano sul Blog: "se uno vuole andare in un partito diverso da quello votato dai suoi elettori, si dimette e lascia il posto a un altro") salvo poi rivelarsi campioni del mondo di salto della staccionata, possono a buon diritto essere considerati gli inventori del programma al contrario. Perché se a loro dire i vecchi politici promettevano senza mantenere, loro le cose le promettono e in effetti le fanno. Solo che le fanno all'opposto.

Era il 2 aprile 2017, ad esempio, quando Alessandro Di Battista in una manifestazione No Tap a San Foca, in Salento, disse: "Prima o poi si tornerà a votare in questo paese. E con il governo del Movimento 5 Stelle quest'opera la blocchiamo in due settimane, in due settimane".
La pipeline che dal Mar Caspio attraversa Turchia, Grecia e Albania e consente l’arrivo di gas naturale in Europa dall'Azerbaijan, invece, si è fatta, con i 5 Stelle non solo al Governo, ma pure da primo partito per numero di rappresentanti in Parlamento. Tra loro, che quando nel gennaio 2014 fu approvato il Trattato Italia-Albania-Grecia che dava il via libera all’opera votarono contro, Manlio Di Stefano era tra i più accaniti oppositori dell'opera.

Nel lontano 2013 fu tra i protagonisti di una clamorosa bagarre a Montecitorio, quando la presidenza della Camera (Laura Boldrini) decise di anticipare l'esame della Tap (per farla aprire entro il 2020, cosa in effetti avvenuta). I deputati grillini, tra cui Di Stefano, occuparono i banchi del Governo (il premier era Enrico Letta) denunciando la violazione dell'articolo 119 comma 4 del regolamento della Camera, che blocca, con limitate eccezioni, qualsiasi deliberazione durante la sessione di bilancio. Dopo poche ore l'impasse sfociò in una zuffa tra onorevoli del Pd e grillini.

Per i primi la casistica in questione non era tra quelle previste dall'art.119, per i grillini si trattava di "dittatura" (oggi con Letta governano assieme). Di Stefano diede degli "squadristi" agli esponenti del Pd e scrisse su Facebook: "Abbiamo chiesto di rispettare l'articolo 119 comma 4 del regolamento relativamente al Tap opera dannosissima e inutile".

Avrà cambiato idea successivamente? Non prima del 2017, quando, a primavera, divenne responsabile del programma di Governo di politica estera del M5S. E attenzione alle date, perché il 3 aprile, nel corso di una conferenza stampa sul programma energia del Movimento, il gruppo parlamentare grillino alla Camera, che comprendeva anche Di Stefano, evidenziò che "con il Tap si sradicano 10 mila ulivi. Quel tubo non serve: per questo è stupido farlo. Quel tubo è stupido, è un'errata scelta politica. Per questo la gente protesta".

Andati rocambolescamente al Governo un anno dopo, i grillini scoprirono (o forse l'avevano sempre saputo) che la Tap non solo non si poteva bloccare, ma era anche un'infrastruttura utile al Paese e all'Europa. Allora, inventandosi la bufala della "penale da 20 miliardi" citata da Luigi Di Maio, che non esisteva (si trattava solo di una stima fatta dal suo sottosegretario allo Sviluppo economico, Andrea Cioffi, sui risarcimenti da dare alle imprese che avevano già iniziato a lavorare e all'ammanco di gas già prestabilito e pagato), i grillini delusero i loro elettori riposizionandosi sulla linea del Governatore della Puglia Michele Emiliano, che per anni avevano demonizzato proprio in virtù dell'opera che voleva realizzare "solo per le sue ambizioni personali all'interno del partito [il Pd, NdR]".

Emiliano sosteneva da tempo che l'opera dovesse sboccare non nell'area protetta di San Foca, bensì 30 chilometri più a nord. E nel luglio 2018, guarda un po', il neo-Sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano, se ne uscì con una lettura davvero visionaria: "Il problema non è se arriva in Puglia ma dove arriva in Puglia, perché nel progetto del Governo Renzi e Gentiloni si prevedeva l’approdo a San Foca".

Prima inutile, stupida e dannosa, poi solo disegnata male, ora addirittura asset fondamentale per la politica energetica del Paese a cui sia il Governo attuale che il precedente (guarda caso Di Stefano faceva parte di entrambi e con lo stesso ruolo) ha il merito di voler potenziare.


Come diceva Di Battista "Prima o poi si tornerà a votare in questo paese", e allora agli elettori per capire le intenzioni dei grillini basterà leggere il loro programma e sapere con matematica certezza ciò che realizzeranno: il contrario.

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