«La spesa per interessi non è direttamente controllabile dal governo ma, anzi, risente delle decisioni assunte dalle banche centrali che, continuando a perseguire politiche fortemente restrittive e contribuiscono ad alimentare incertezza, determinando un incremento degli oneri a carico sia delle casse pubbliche sia dei cittadini». Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ieri in audizione sulla manovra dinanzi alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, ha ribadito che la stretta monetaria della Bce è la causa prima del rallentamento economico in atto che potrebbe tradursi anche in una crescita del Pil inferiore alle stime (+0,8% nel 2023 la stima della Nadef; domani sono attese le previsioni della Commissione Ue).
In questo quadro macroeconomico diventa ancor più difficile gestire i conti pubblici e alleviare la perdita di potere d'acquisto che l'inflazione ha generato negli ultimi due anni. Ecco perché si è deciso di dare corso a una manovra «espansiva nei confronti dei redditi medio-bassi» e che mira a garantire la sostenibilità del debito. Considerata la fase difficile e i «vincoli stringenti», meglio di così non si sarebbe potuto fare. Anche perché il Superbonus (4,2 miliardi a ottobre) mangia più risorse dell'aumento della spesa sanitaria (+3 miliardi nel 2024)
E proprio quei vincoli stringenti sono stati al centro di un vertice convocato dal premier Giorgia Meloni ieri pomeriggio a Palazzo Chigi con i vicepremier Tajani e Salvini, i ministri Giorgetti e Fitto e gli altri leader della maggioranza. È stata confermata sostanzialmente la linea tenuta dal titolare del Tesoro all'Ecofin della scorsa settimana. L'Europa non avrà il nuovo trattato sul Mes se il Patto di Stabilità, così come configurato nella sua riforma, resterà fortemente penalizzante nei confronti dell'Italia. Per Meloni è necessario un «ripensamento» del Mes, trasformandolo in una potenziale leva per la crescita. La strategia è chiarissima: non deve diventare uno strumento per validare la sostenibilità del debito pubblico e costringere i Paesi Ue, in primis l'Italia, a strette di bilancio che mortificherebbero lo sviluppo economico.
Si è discusso anche del nodo balneari visto che le concessioni scadranno il 31 dicembre prossimo. ll capodelegazione di Fdi al Parlamento Ue, Carlo Fidanza, lasciando Palazzo Chigi ha assicurato che una soluzione arriverà entro fine anno e terrà conto di quanto emerso dal tavolo tematico, cioè che le spiagge non sono un bene scarso. È probabile che si arrivi a una soluzione di compromesso anche se Fidanza non ha escluso che, come extrema ratio, si possa disapplicare la direttiva Bolkestein, un altro messaggio a Bruxelles.
E proprio in un'ottica più tecnica e meno politica, basata sul set di regole comunitarie, la presidente dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, Lilia Cavallari, ieri in audizione ha segnalato la sostanziale correttezza del quadro della manovra e l'attenzione al ridurre la
spesa per le pensioni, ma ne ha messo in discussione alcuni aspetti: taglio del cuneo e dell'Irpef finiscono nel 2024 e inducono a limitare produttività e redditi a quota 35mila euro per non incorrere nell'aliquota marginale.
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