Centri sociali e collettivi studenteschi sono il cuore pulsante dei movimenti fondamentalisti posizionati a sinistra rispetto alla sinistra democratica. Non esistono numeri ufficiali, data la tipologia di associazioni, ma nel nostro Paese si contano approssimativamente 200 collettivi studenteschi e 100 universitari, abili nel proselitismo e legati a doppio filo alla sinistra estrema. Sono loro che nell'ultimo anno scolastico e accademico si sono resi protagonisti di circa 70 occupazioni ideologiche, più o meno lunghe, negli istituti superiori e nelle varie facoltà. Facendo la somma dei danni arrecati alle strutture e ai materiali didattici durante queste azioni illegali si supera abbondantemente il milione di euro.
Per portare qualche esempio concreto, solo all'Università La Sapienza di Roma si stimano oltre 300mila euro di danni, in quella di Padova circa 110mila. L'Università di Torino, da una stima parziale, ha valutato in oltre 50mila euro i danni dell'occupazione mentre la Statale di Milano, sempre in base alle stime, si superano i 100mila euro. Se nel solo liceo Severi-Correnti di Milano i danni ammontano a più di 70mila euro, a cui si devono sommare gli altri istituti milanesi, per le scuole di Roma è stata fatta una stima di 300mila euro di danni complessivi.
A supportare attivamente, sia a livello economico che logistico, Cambiare Rotta e Osa, che sono le due organizzazioni giovanili dichiaratamente «comuniste» sotto le quali operano la maggior parte dei collettivi universitari e studenteschi c'è la Rete dei Comunisti, che si definisce come un «intellettuale collettivo al servizio dell'azione politica e sindacale e della ricostruzione di un punto di vista comunista della realtà» per la costruzione di un nuovo «partito dei comunisti». «Reazione» e «rivoluzione», contro imperialismo e capitalismo sono le parole chiave del manifesto politico della Rete, che punta a ricreare «i settori del blocco sociale antagonista tramite il conflitto di classe» nei luoghi di lavoro e nelle città, sfruttando l'animosa passione delle nuove leve. Le manifestazioni di piazza sono lo strumento principale per raggiungere questo obiettivo, insieme ai «sabotaggi». Tra le azioni più importanti compiute di recente si annoverano i blocchi delle stazioni di Torino e di Bologna, con ritardi di oltre 120 minuti sulle linee tradizionali e dell'alta velocità. E sono stati 20, per il momento, i soggetti identificati e denunciati per l'azione nel capoluogo emiliano e 45 quelli identificati nel capoluogo piemontese.
Solo nella prima metà del 2024 ci sono stati oltre 150 eventi che hanno causato problemi per l'ordine pubblico e oltre 120 agenti che sono rimasti feriti negli scontri di piazza. La maggior parte delle manifestazioni di quest'anno sono state organizzate sotto l'ombrello delle proteste pro-Palestina, perché dal 7 ottobre 2023 questi gruppi si sono impegnati in modo compatto nel sostegno a Gaza. Tuttavia, prima che il conflitto con Israele si inasprisse le piazze sono state animate dalle stesse sigle con contestazioni contro la riforma della Scuola, contro il caro-affitti per gli studenti e, genericamente, contro il governo Meloni. Le prime proteste di questo filone sono scoppiate ancor prima che venisse formato l'attuale esecutivo e in quel momento le forze dell'ordine lanciarono i primi allarmi per ciò che poi si sarebbe verificato. Era il 9 ottobre 2022 quando Valter Mazzetti, segretario generale del sindacato Fsp della Polizia di Stato dichiarava: «Dobbiamo prepararci al superlavoro, tipicamente dovuto alle scomposte manifestazioni che i soliti estremisti e professionisti del disordine portano in piazza quando si delinea all'orizzonte un Governo a loro sgradito».
Dalle piazze alla propaganda, e viceversa, i nuovi fondamentalisti di sinistra guardano a Lenin come leader spirituale del loro movimento, commemorano i brigatisti, come Barbara Balzerani e Prospero Gallinari, ed esultano per Nicolas Maduro e per il processo rivoluzionario chavista. Hanno di recente tappezzato Roma con i volantini incitanti il dittatore venezuelano e sono anche sostenitori della «resistenza jugoslava» di Tito. Nel proclama successivo alle dimissioni di Giovanni Toti, Cambiare rotta ha chiamato a raccolta la piazza per «una reale opposizione popolare che continui a lottare» contro una «classe dirigente corrotta e bellicista».
In questo scenario hanno un ruolo cruciale i centri sociali, alfieri dell'ideologia anarchico-comunista, sempre meno centri di aggregazione culturale e sempre più spesso luoghi di indottrinamento, di violenza e di eversione. Esiste un vero e proprio sodalizio tra queste organizzazioni estreme, tanto che spesso gli esponenti di una parte lo diventano anche dell'altra, come in un sistema di vasi comunicanti in cui il radicalismo è l'elemento di connessione. Da Askatasuna a Torino, passando per il Leoncavallo a Milano, solo per citarne due dei più attivi, i centri sociali sono fortemente attenzionati dalle forze dell'ordine in quanto - come emerso da una recente sentenza della Cassazione relativa a quello torinese - sono frequentati da soggetti che coltivano propositi di «lotta armata». Il che si sposa con le teorizzazioni di «reazione» e «rivoluzione», di un nuovo «conflitto di classe» del manifesto politico Rete dei comunisti.
Le immagini di Torino devastata dalla manifestazione violenta del 4 marzo 2023 nel nome dell'anarchico Alfredo Cospito, con danni alla città per quasi 650mila euro, resteranno negli annali, così come le immagini dei cantieri Tav presi d'assalto ormai da decenni. Solo negli ultimi 2 anni sono stati oltre 100 gli attacchi ai cantieri della Val di Susa, con decine di agenti feriti più o meno gravemente. Sono stati 55 i soggetti denunciati tra i No-Tav solo in una delle ultime azioni in Val di Susa di luglio 2024. Molte delle azioni dei manifestanti che ne vogliono bloccare la costruzione ricordano spesso operazioni di stampo militaresco. Solo pochi giorni fa ci sono stati altri agenti feriti da incappucciati durante il «Festival Alta Felicità» dei No-Tav, tra lanci di razzi, bombe carta e massi con fionde. Esponenti delle forze dell'ordine che abbiamo contattato parlano di queste azioni come di «esercitazioni» alla guerriglia, di test nei confronti delle forze dell'ordine per valutarne la capacità ma, soprattutto, la possibilità, di reazione.
A queste azioni di forza in Val di Susa non partecipano solamente i centri sociali locali ma si annovera la presenza di numerosi collettivi e di altri centri sociali che giungono da tutta Italia. Gli stessi che operano poi in autunno nelle città sotto le bandiere di Osa e di Cambiare Rotta, durante le sedicenti manifestazioni studentesche.
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