Non è uno scoop contro la Guardia costiera greca ma un frame, statico, di appena venti secondi il video diffuso sul peschereccio Adriana, poco prima che affondasse in acque internazionali, 47 miglia al largo del Peloponneso provocando 78 morti e almeno 600 dispersi.
L'accusa rivolta agli ellenici è quella di non aver programmato il salvataggio nonostante le buone condizioni meteo, mentre non si fa menzione del rifiuto dei migranti di essere aiutati. Hanno dapprima sciolto la fune lanciata dalla Guardia costiera, perché non volevano sbarcare su suolo ellenico, ma solo in Italia e in seguito si sono purtroppo capovolti con tutto il loro carico.
Al momento, mentre non si fermano le ricerche coordinate dal nucleo emergenze naturali e disastri della Protezione civile greca nonostante il mare grosso, fa fede la posizione del governo. Ovvero che una corda, non un traino, è stata utilizzata per alcuni minuti dalla Guardia Costiera durante il suo avvicinamento, rigettata in mare dai passeggeri decisi a proseguire per la loro strada, dicendo «nessun aiuto, andremo in Italia». Così lo speaker dell'esecutivo, Ilias Siakandaris, ha fugato ogni dubbio sulla responsabilità di Atene.
Come osservato dal portavoce della Guardia costiera ellenica, Nikos Alexiou, non si può effettuare una deviazione violenta su una nave del genere con così tante persone a bordo, «senza che loro lo vogliano, senza alcun tipo di collaborazione». Quando la barca si è capovolta «non eravamo nemmeno vicini alla barca. Come potevamo rimorchiarla?». Ancora ieri ha sottolineato alla stampa internazionale, concentratasi nel porto di Kalamata, che sia la Guardia costiera sia navi private si sono ripetutamente offerte di aiutare l'Adriana mentre si trovava in acque internazionali, ma sono state respinte. «Purtroppo c'è stato movimento di persone, uno spostamento di peso probabilmente causato dal panico e la barca si è capovolta».
Parlando con l'emittente nazionale greca Ert, il portavoce del governo ha detto che la Guardia Costiera è arrivata due ore prima che la barca si capovolgesse dopo che il suo motore si è rotto.
Dunque perché cercare a tutti i costi un colpevole? Fonti diplomatiche spiegano al Giornale che non si può escludere che qualcuno possa provare a ottenere un vantaggio da questa tragedia a una settimana dalle seconde elezioni nel Paese, dove i conservatori di Nea Dimokratia sono dati da tutti i sondaggi 20 punti avanti rispetto a Syriza.
«Siamo tutti scioccati dal tragico naufragio al largo di Pylos, in acque internazionali che, purtroppo, è costato la vita a centinaia di persone devastate che cercavano un domani migliore - ha ribadito il leader conservatore, Kyriakos Mitsotakis impegnato ieri in un comizio a Ghitio, nel Peloponneso - ma dovremmo anche essere indignati per i miserabili trafficanti, farabutti che commerciano in sofferenze umane, sfruttano le debolezze umane e caricano gente disgraziata su navi marce, a grande rischio di affondare in mezzo al Mediterraneo».
In seguito Mitsotakis ha spiegato che tutti coloro che oggi appaiono «come autentiche espressioni di umanità sono stati gli stessi che hanno permesso le gesta di Moria».
Il riferimento è all'hotspot vergognoso sull'isola di Lesbo, in funzione durante il governo Tsipras che, a fronte di una capienza di 3mila persone, ne arrivò a contenere 12mila. Una situazione condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per le deplorevoli condizioni umanitarie.
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