Se il troppo stroppia, allora c'è qualcosa che non va con le segnalazioni di operazioni sospette. Anche tralasciando, nel merito, l'inchiesta perugina sui presunti dossieraggi innescata dalla denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, il sistema delle SOS, che piovono con frequenza sempre maggiore sull'Unità di informazione finanziaria di Bankitalia (che ha funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo) sembra fondarsi su un principio di ridondanza.
Lo testimoniano anche le 138 pagine dell'ultimo rapporto Uif, a partire dalla constatazione quantitativa delle segnalazioni di operazioni che banche, poste e operatori fanno a Bankitalia: nel 2022 sono state 155.426 (in costante crescita nell'ultimo lustro, erano 98.117 nel 2018), e per la quasi totalità (il 99,8 per cento) inoltrate per l'ipotesi di riciclaggio. Più del 40 per cento arriva da Lombardia, Lazio e Campania, e in misura minore dalle altre regioni. Il problema è di questa pioggia di SOS - su bonifici, pagamenti elettronici, addebiti, versamenti di contanti, assegni e money transfer - quelle rilevanti sono solo una piccola percentuale. Infatti dallo scorso anno la Uif prevede un feedback sulle SOS a rischio nullo o basso, per aiutare banche e altri operatori «ad affinare i processi di selezione e di valutazione dell'operatività sospetta», e a «fronteggiare l'incremento del flusso segnaletico» evitando l'incremento delle giacenze.
Tra l'altro, contenendo questo fenomeno si eviterebbe l'accumulo, peraltro inutile, di dati ultrasensibili, e che per quanto tecnicamente in mani sicure possono finire carpiti da chi è a caccia di documenti riservati utili per dossieraggi e altri fini illeciti, come sembrerebbe provare proprio l'indagine perugina. D'altra parte le appena citate SOS a rischio nullo o quasi nullo sono quasi un terzo del totale (29 per cento), e anche delle restanti 110mila segnalazioni quelle che la Uif ha deciso di trasmettere alla DNA sono meno di un quarto, appena 24.694, meno del 16 per cento del totale.
Il problema è che le banche, le poste e gli altri soggetti a cui spetta il ruolo di segnalanti preferiscono eccedere in zelo, aggravando il sistema e diffondendo dati come detto estremamente sensibili anche quando gli elementi per inoltrare una SOS sono piuttosto carenti, piuttosto che incorrere nel rischio di dover affrontare le severe sanzioni previste per la mancata segnalazione. Il risultato è in questi numeri. A parte le quasi 25mila segnalazioni girate alla DNA, a fronte della montagna di 155mila SOS, nel 2022 l'attività della Uif sintetizzata nel rapporto parla di sole 45 informative inviate alle autorità di vigilanza di settore, 313 richieste di informazioni ricevute dall'autorità giudiziaria (e 1.059 risposte) e 257 misure di congelamento monitorate «relative al finanziamento del terrorismo e all'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale». Sempre per il 2022, sono appena 212 (lo 0,12 per cento degli alert totali) i procedimenti amministrativi finalizzati all'adozione di un eventuale provvedimento di sospensione di operazioni sospette, e soltanto 32 (0,02%) i provvedimenti di effettiva sospensione di un'operazione sospetta, 17 invece sono stati gli accertamenti ispettivi o cartolari e 23 i procedimenti sanzionatori.
Ne viene fuori il quadro di un sistema sicuramente perfettibile, che alla luce di quanto sta accadendo a Perugia solleva il dubbio su una struttura di controllo di questa messe di dati che da un lato richiederebbe una
normativa più stringente, e dall'altro indicazioni più chiare ai segnalanti: già nel 2019 in fondo la Uif aveva dettato alle banche istruzioni per arginare o evitare le troppe segnalazioni inutili sulle operazioni in contanti.
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