Maroni ora cerca la pace: «Viva Salvini premier»

Il governatore prova a ricucire con il leader della Lega La replica: «Orgoglioso di come abbiamo governato»

Maroni ora cerca la pace: «Viva Salvini premier»

Forse ora gli manca solo l'annuncio di un buen retiro in Africa, a Timbouctou, come velatamente deve avergli suggerito il presidente emerito Napolitano nel paragonarlo al suo alter ego di classe '55, Walter Veltroni. O forse sta solo seduto sul fiume, ma molto molto lontano dalla riva. Così che Salvini non possa neppure vederlo.

Di sicuro il governatore Bobo Maroni, tatticamente o strategicamente parlando, ieri appariva come libero d'un peso e teso solo a negare qualsiasi coinvolgimento futuro nella res publica. Quindi a fare pace tosto con il suo caro segretario «stalinista» che, in serata, alla mano tesa del governatore rispondeva di «esser orgoglioso di come la Lega ha amministrato la Regione Lombardia, la migliore in Italia. Guardiamo avanti, non ho tempo di far polemica con nessuno, né dentro né fuori». Atteggiamento effettivamente un po' sprezzante nei confronti di un Maroni che, invece, già arrivando alla sede della Croce rossa di Milano in mattinata, aveva tagliato corto: «Mi spiace di tutte queste polemiche che non ho voluto io, ma per me è una pagina chiusa. Viva Salvini premier!». Un quasi-dietrofront, se non fosse che l'appoggio al segretario candidato premier, Maroni, non l'aveva mai messo in discussione, «da leninista quale sono». Che cosa abbia provocato la repentina liquefazione di ieri non è dato saperlo. D'altronde c'è chi, come il governatore ligure Toti, di tutta la vicenda Maroni ammette di «non averci capito nulla». Che si sia trattato di salvare il salvabile - sia riguardo la compattezza della Lega, sia per i posti ai (pochi) candidati «maroniani» - oppure di un definitivo abbandono delle scene, sarà il tempo a chiarirlo. Lui, il governatore, nel frattempo declassava persino il tenore della requisitoria anti-Salvini. «Uno sfogo, una cosa sul piano umano e non politico, ci sta... Poi è stata interpretata... Ma mi sono solo sfogato, ora basta, fine, la vicenda è chiusa. Sono d'accordo con Salvini, nessuno è indispensabile... Mi sono sfogato perché mi sono sentito trattato un po' male... Chiamerò Salvini, siamo entrambi milanisti, fede rossonera, considero chiusa questa pagina spiacevole. Poteva essere gestita meglio? Sì, certo da entrambe le parti...».

Insomma, un mea culpa che trova nel resto delle dichiarazioni rese ieri dal governatore dimissionario perfetta corrispondenza e una - per la verità fin troppo conclamata - volontà di abbandono. «Non mi occupo più di politica, me ne libero, me ne vado, lascio». Maroni smentiva qualsiasi retroscena e ricostruzione giornalistica: «Tutte stupidaggini, fantasie, non ho in mente fondazioni o altre cose. Ho progetti fuori dalla politica e sono molto felice di questa scelta perché è una vita nuova... Dal 5 marzo mi concentrerò sulla mia vita privata, fuori dalla politica e fuori dalle istituzioni che ho servito per tanti anni... Sono più che soddisfatto di quello che ho fatto... da oggi non dico più nulla per quanto riguarda la vita politica».

Nel futuro annunciato sullo sfogo-manifesto dell'altroieri, Maroni dice di «voler seguire le sue passioni: quella civile da avvocato penalista e quella umana da amante delle imprese giovanili». In particolare, «darà una mano» agli amministratori vittime della malagiustizia e un'altra ai cosiddetti millenial per far nascere e crescere società innovative.

Poi, prima di andare, entro gennaio vuole anche lasciare al successore una «Lombardia speciale», cioè dotata di nuovo Patto sull'autonomia. Rinnovando infine la propria disponibilità in Regione, Maroni non nega di voler «dare una mano» pure al candidato Fontana. Dovesse restargli ancora una mano libera, la terrà in tasca. In serbo per Salvini.

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