Martina, sfregio finale. Liberi gli aggressori

La ragazza morì cadendo da un balcone per evitare lo stupro: lavori socialmente utili per i condannati

Un primo piano di Martina Rossi,deceduta nel 2011 a vent'anni
Un primo piano di Martina Rossi,deceduta nel 2011 a vent'anni
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Per due genitori che hanno combattuto dieci anni con l'unico obiettivo di arrivare alla condanna dei responsabili della tragica fine della loro unica figlia, morta nel 2011 cadendo da un balcone di un albergo a Palma di Maiorca dove era in vacanza con le amiche per sfuggire ad uno stupro, saperli già liberi è un nuovo dolore. Sono indignati il papà e la mamma di Martina Rossi. «Questa non è giustizia», commentano sul Corriere Fiorentino, che ha anticipato la notizia, la scarcerazione di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, ormai trentenni, usciti di prigione in tempi diversi dopo essere stati condannati in Cassazione, il 7 ottobre del 2021, a tre anni per la tentata violenza sessuale nei confronti della studentessa genovese.

Il Tribunale di sorveglianza di Firenze li ha affidati ai servizi sociali, un beneficio che inizialmente gli era stato negato dai giudici. I due si trovavano già in regime di semilibertà: Vanneschi aveva lasciato la cella, ottenendo l'affido per motivi strettamente personali, già a fine luglio, Albertoni invece è uscito nei giorni scorsi. Dovranno svolgere lavori socialmente utili presso la Pubblica Assistenza del loro paese, Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo, e non potranno uscire di casa di notte. Il primo è rimasto in carcere meno di dieci mesi, il secondo quindici, avendo entrambi la possibilità di uscire per andare a lavorare. Ad ottobre del 2025 dovrebbe esaurirsi il residuo di pena, ma con la buona condotta potrebbero essere definitivamente liberi già all'inizio del prossimo anno.

I genitori di Martina stanno affrontando con sofferenza anche la parallela vicenda civile per il risarcimento del danno davanti al Tribunale di Arezzo, dove i difensori dei due condannati hanno chiesto, tredici anni dopo la tragedia, di riconoscere anche la responsabilità della ventenne di Genova nella caduta mortale: sarebbe stata anche colpa sua, insomma, se per scappare dal tentativo di violenza sessuale ha scavalcato la ringhiera del balcone dell'hotel, precipitando. In un primo momento la morte di Martina era stata archiviata come suicidio dalla polizia spagnola. Una ricostruzione che non ha mai convinto i genitori della giovane, che hanno continuato a combattere affinché venisse fuori la verità. Il caso venne riaperto e la vicenda è andata avanti per undici anni, passando per un processo in primo grado ad Arezzo e due processi d'Appello a Firenze. Poi, nel 2021, il pronunciamento definitivo della quarta sezione penale della Cassazione che dichiarò inammissibili i ricorsi della difesa dei due giovani aretini, condannandoli in via definitiva a 3 anni e riconoscendo che Martina aveva perso l'equilibrio cadendo dal sesto piano mentre cercava di scavalcare la ringhiera del balcone per scappare nella stanza accanto. Una ricostruzione sempre respinta dalle difese degli imputati, che hanno sostenuto la tesi del suicidio.

I due 30enni stavano scontando la pena in regime di semilibertà, dalla casa circondariale di Arezzo per lavorare con i loro genitori, fino alla decisione del Tribunale di sorveglianza di Firenze che ha stabilito per loro l'affidamento in prova ai lavori socialmente utili.

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