È arrivato da Berlino, sull'aereo del suo collega italiano, con il suo vestito scuro. E quando tocca a lui, tra bandiere, reduci e tante emozioni, chiede subito scusa per conto di un popolo intero. «In qualità di presidente federale, oggi mi trovo davanti a voi e non provo altro che tristezza e vergogna. Mi inchino ai morti, vi domando perdono a nome del mio Paese». Insomma, Franz-Walter Steinmeier, socialdemocratico di lungo corso, quasi si commuove lì dove ottanta anni fa i nazisti senza pietà massacrarono 770 persone. Ma Marzabotto, dice Sergio Mattarella, «ormai non è più il luogo che separa i tedeschi e gli italiani, anzi, è quello che li unisce, è il simbolo e le fondamenta dell'Europa». E se la strage del 1944 sembra «un inferno» lontano, «quanto accade ai confini della Ue», ci deve fare riflettere. E agire. «Non possiamo essere immemori né ciechi né addormentati, perché i fantasmi dell'orrore non hanno lasciato la storia».
La forza dei simboli. Due capi presidenti che volano insieme, un po' come due anni fa Draghi con Macron e Scholtz sul treno notturno per Kiev, per rafforzare il concetto di memoria e rinnovare i motivi dello stare insieme, il che significa dirsi tutto, anche le cose politicamente spiacevoli. Mattarella è stato un paio di giorni in visita ufficiale in Germania, ha spiegato che pure con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi «i rapporti tra Roma e Berlino non sono cambiati», ha difeso le acquisizioni di imprese tedesche da parte di aziende italiane perché servono «campioni europei in grado di reggere la competizione globale», quindi non si può essere nazionalisti, e ora dà un passaggio a Steinmeier fino alle montagne bolognesi.
Dal Silenzio a Bella Ciao, dalle corone all'incontro con le famiglie. «Presidente - dice Mattarella - la Repubblica italiana ti ringrazia di essere qui, con i nostri concittadini, con i parenti delle vittime, a condividere un anniversario così carico di significato storico e civile». Marzabotto, luogo di una delle più feroci stragi del nazismo, è «una pietra angolare» sulla quale è stata costruita la democrazia, «un destino comune che, anche l'altro giorno a Colonia, abbiamo confermato di voler scegliere».
Perciò, prosegue il capo dello Stato, abbiamo messo in piedi un sistema che sarà pure «imperfetto», ma che «intende guardare sempre al rispetto della dignità di ogni singola persona». Un impegno che ha richiesto «coraggio e sacrificio», il lavoro di un popolo. «Italia, Germania e Europa sono state capaci di risorgere da quell'inferno, costruendo libertà, pace, democrazia, diritti, comunità, una nuova sicurezza». E così «i nostri genitori e i nostri nonni non si abbandonarono alla rassegnazione e furono in grado di trasformare il dolore più indicibile e inspiegabile in una forza rigeneratrice». Non è stato facile ricostruire un continente «dalle macerie morali e materiali cui nazismo e fascismo lo avevano condannato».
Però, per tutte queste ragioni, oggi non si può dimenticare, visto poi quello che succede in Ucraina e in Medio Oriente. «Perché, ci chiediamo guardandoci intorno sostando di fronte ai memoriali? Una domanda che penetra la nostra coscienza senza riuscire a fornire una risposta esaustiva».
E che stimola «una nuova irrisolta inquietudine: è sbagliato pensare che il razzismo, l'antisemitismo, il nazionalismo aggressivo, la volontà di supremazia siano di un passato che non ci appartiene più, se e accaduto può succedere di nuovo».
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