Gentile, disponibile, sempre pronto a offrirsi per primo per i turni più scomodi. Massimo Melis, 52 anni, operatore della Croce Verde di Torino, però, aveva un nemico che lo odiava e domenica sera ha agito nell'ombra.
Lo ha atteso o forse seguito in via del Gottardo, a Torino, lungo la strada che porta ai campi di calcio Rebaudengo e lo ha ucciso. Un'esecuzione con un unico colpo alla testa, sparato con un proiettile di grosso calibro, partito probabilmente da un revolver. Quel proiettile si è andato a conficcare nella carrozzeria, sul lato passeggero della Fiat Punto blu, dove l'uomo è stato trovato senza vita lunedì alle 14. Sembrava dormisse, con il corpo riverso sui sedili.
Gli investigatori della squadra mobile di Torino sono entrati in azione proprio lunedì pomeriggio, chiamati da Patrizia, una amica che con Massimo aveva avuto una relazione. Poco prima la donna aveva ricevuto una telefonata allarmante da parte di Rosaria, la mamma con cui l'operatore viveva nei palazzoni popolari di via Desana, a tre minuti d'auto dal luogo del delitto, che al risveglio non l'aveva trovato in una casa. «Non preoccuparti mamma ceno fuori con Patrizia», aveva detto lui salutandola la sera precedente. Quando Patrizia è scesa in strada a cercarlo, accompagnata dalla sorella, lo ha trovato senza vita in macchina.
Domenica il 52enne aveva accompagnato l'amica quarantenne, che lavora nel bar di famiglia in via Gottardo e vive di fronte al giardino pubblico, a fare la spesa. Poi i due si erano fermati a cena fuori e alle 21 l'aveva scortata a casa ed era andato via. Avevano avuto una relazione, un po' a singhiozzo, ma continuavano a vedersi spesso. Potrebbe essere stato il rapporto tra loro ad aver armato la mano del killer. Melis, fumatore incallito, dopo averla salutata si potrebbe essere fermato a fumare una sigaretta accostando l'auto nel punto dove è stato ritrovato cadavere. O potrebbe aver dato appuntamento lì a qualcuno per un chiarimento. Gli investigatori della Mobile, guidati da Luigi Mitola e coordinati dalla pm Chiara Canepa, propendono per la pista passionale, ma indagano a 360 gradi e non escludono l'ipotesi di una rapina finita male.
Il corpo è stato ritrovato 15 ore dopo ma, dai primi esami esterni, la morte risalirebbe alle 23 di domenica sera. Un orario che potrà confermare solo l'autopsia programmata per oggi e affidata al medico legale Roberto Testi. Cosa ha fatto in quel buco di due ore il 52enne? Ieri gli agenti hanno compiuto un nuovo sopralluogo sulla scena del delitto a caccia di indizi. Al setaccio anche i tabulati telefonici della vittima, per capire chi abbia sentito nelle ore precedenti la morte. In questura è stata ascoltata a lungo anche l'amica, i suoi genitori e la mamma di Massimo per capire se avesse raccontato di aver litigato o se avesse subito minacce da qualcuno, magari geloso dell'amicizia con la barista.
«Massimo era una persona impagabile - raccontano i colleghi della Croce Verde - è
difficile pensare a qualcuno che gli volesse male. Si occupava della mamma pensionata e con Patrizia lo vedevamo spesso in giro, anche al bar, lui l'aiutava e tra i due, finita la storia, sembrava essere rimasto un bel rapporto».
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