Al Quirinale non piace l'Italia troppo filotedesca

Mattarella "corregge" Palazzo Chigi: serve lungimiranza da parte di tutti

Al Quirinale non piace l'Italia troppo filotedesca

Roma - Sulla telefonata dell'altra sera con Palazzo Chigi, mentre risuonava nel Quirinale il festante «Oxi» della piazza ateniese diffuso dalla tivù, le bocche sono cucite. Eppure gli echi sono facilmente rintracciabili, e non soltanto in quell'avverbio («certamente») che conclude, dando un tono del tutto speciale, la nota diramata l'altra sera dal presidente Sergio Mattarella.

«Questi saranno certamente , nei prossimi giorni, i principi ispiratori dell'azione dell'Italia...» preconizza il capo dello Stato. Imprimendo al premier Matteo Renzi una linea alquanto diversa da quella finora seguita, accucciata sotto le protettive vesti di Frau Merkel. Se non si può parlare di «rottura», è tuttavia chiarissima la sensibilità del tutto differente che anima Mattarella. Mai come ora, rispetto a Renzi, padre cosciente della drammaticità del momento, e intenzionato a riequilibrare, nei limiti imposti dal ruolo, certe sbavature degli ultimi giorni. Quasi che il ricorso alla volontà del popolo fosse diventato reato di lesa maestà (germanica), quasi che concepire un modo diverso di costruire l'Europa non si potesse se non dando l'addio all'euro, come viene oggi gestito dai soloni di Bruxelles e Berlino. Quasi che si possa passar sopra con leggerezza alle sofferenze di un intero popolo, chiamato a rispondere per colpe non sue. Ecco quindi Mattarella sottolineare, in diversi passaggi della nota, che occorre «prendere atto con rispetto della decisione» presa dai cittadini greci; che «la Grecia fa parte dell'Europa», che «nei confronti del suo popolo non deve venir meno la solidarietà degli altri popoli dell'Unione». E che le regole si possono cambiare, eccome. Attraverso una discussione «collegiale» sì. Ma «tra pari».

Tutti richiami che affondano le radici certo nella cultura solidaristica cattolica del presidente, ma che sono ben distonanti da quel garrulo e superficiale «derby dracma-euro» di Renzi, ieri stigmatizzato anche dall'ex premier Romano Prodi. Per il capo dello Stato è il momento della responsabilità: se gli scenari sono «inediti» (termine neutro che riecheggia il «territorio sconosciuto» di Mario Draghi), è più che mai essenziale che ciascuno, dai rappresentanti greci ai partner europei, assuma non soltanto «senso di responsabilità», ma anche «lungimiranza e visione strategica». Quella che finora è mancata del tutto.

È proprio in tale ambito che la correzione di rotta del presidente della Repubblica fa trapelare una delle maggiori proccupazioni del Quirinale: quella sull'asse geo-strategico, in periodi di grave minaccia terroristica per giunta.

Lasciare la Grecia in balia di se stessa, porta d'Europa e finestra sui Balcani, è un errore madornale che rischia di far crollare l'intera idea di un'Europa unita, le sue basi, l'intero sistema di sicurezza occidentale. Anche come capo delle Forze armate, e in sintonia con i moniti che vengono dagli Stati Uniti, la preoccupazione è massima. Altro che derby.

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