E adesso, tocca al Papa? «La comunità internazionale guarda con vivo interesse al suo operato e alle sue parole, che tracciano la strada maestra per assicurare all'umanità un orizzonte di pace e di autentico sviluppo».
A dieci anni dalla sua salita al soglio di Pietro, nel deserto della diplomazia, il capo dello Stato scrive a Bergoglio e gli chiede di prendere un'iniziativa per cercare di fermare il conflitto in Ucraina. Sul campo militare va malissimo: trattative interrotte, tensione, incidenti sfiorati tra Usa e Russia, paure nucleari, morti, città distrutte e grande attesa per le offensive di primavera.
Sul campo negoziale, oltre ai missili ci sono soltanto i cinesi. È davvero il momento buono per una mossa della Santa Sede? E il Pontefice, all'Angelus, risponde così: «Non dimentichiamo di pregare per il martoriato popolo ucraino che continua a soffrire per i crimini della guerra».
Quella di Sergio Mattarella, dicono dal Colle, più che un appello o un auspicio è una valutazione politica. Dopo il fallito abboccamento tra Blinken e Lavrov al G20, le minacce dei russi, l'irrigidimento americano e il mandato di arresto della corte dell'Aja per Putin per crimini contro l'umanità, la situazione è peggiorata e le speranze di tregua sempre più lontane.
Ma Francesco, che non ha ancora realizzato la sua visita a Kiev, è uno dei pochi leader mondiali che può avere le chiavi per riavviare il dialogo tra le parti. «Il suo magistero - sostiene il presidente della Repubblica - teso all'eliminazione delle disuguaglianze e al sostegno delle frange più vulnerabili della società, ha segnato profondamente questo decennio». E per il futuro «sono certo che continuerà a rappresentare un punto di riferimento per i governi, per le organizzazioni internazionali e per moltitudini di credenti e non credenti».
Insomma, speranze: del resto nel passato anche recente dietro le grandi trattative di pace c'è stato quasi sempre il Vaticano. E stavolta? C'è terreno per una mediazione del Papa? C'è spazio per far valere la sua autorità morale? «La sua azione pastorale - ricorda Mattarella - ha ribadito la centralità della persona con i suoi inalienabili diritti e i suoi altrettanto ineludibili doveri e responsabilità per la salvaguardia del pianeta, casa comune dell'umanità tutta». E cita le encicliche, «pietre miliari di un cammino che trova nuove, concrete e promettenti prospettive di comprensione reciproca e feconda collaborazione».
Difficile capire se tutto ciò potrà tradursi in un accordo per il cessate il fuoco. I tempi non sembrano ancora maturi, infatti finora il Vaticano ha evitato di impegnarsi direttamente per cercare di avvicinare le parti. Il Papa non è andato in visita in Ucraina ma distingue con nettezza gli aggressori e gli aggrediti. «Guardiamo all'Ucraina, preghiamo per loro e apriamo il cuore al dolore». Andrebbe al Cremlino dallo zar Vladimir, come ha raccontato una settimana fa alla tv Svizzera. «Gli parlerei chiaramente come faccio in pubblico: il secondo giorno della guerra sono stato all'ambasciata russa presso la Santa Sede a dire che ero disposto ad andare a Mosca a patto che Putin mi lasciasse una finestra per negoziare. Mi rispose Lavrov: grazie, ma non è il momento».
Un anno più tardi quel momento non è ancora arrivato, tuttavia Bergoglio «è a disposizione». Però, ha aggiunto, «lì ci sono interessi imperiali, non solo quelli dell'impero russo, ma quelli di imperi di altre parti, ed e proprio tipico dell'impero mettere al secondo posto le nazioni».
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