Mattarella sceglie il silenzio per non ostacolare Draghi

Il capo dello Stato non vuole interferire (ma non chiude sul bis). Comunque vada, l'ex Bce medita l'addio a Chigi

Mattarella sceglie il silenzio per non ostacolare Draghi

Il solo fatto che il suo nome aleggi come una sorta di fantasma lo mette a disagio. Non solo perché Mattarella non vede affatto con favore l'ipotesi di un bis che sarebbe il secondo consecutivo dopo quello di Napolitano, a conferma di una vera e propria patologia del sistema che - per due volte consecutive in nove anni - si troverebbe a giocare in difesa e congelare lo status quo. Ma anche perché non vuole diventare il pretesto per impedire a Draghi di tentare, legittimamente, la scalata al Quirinale. D'altra parte, ormai da settimane, che il premier voglia giocarsi le sue carte per provare ad essere il primo presidente del Consiglio che da Palazzo Chigi trasloca direttamente al Colle non è più un mistero. Lo ha chiaramente - e pubblicamente - lasciato intendere l'ex numero della Bce. Ma lo si coglie anche dall'agitazione che si respira in queste ore a Palazzo Chigi, dove negli uffici di diretta collaborazione del premier in molti hanno la percezione che l'esperienza sia agli sgoccioli. Se Draghi non riuscirà nella conquista del Colle, infatti, sono tutti convinti che il caos politico che ne seguirebbe sarebbe ingovernabile. Il premier, peraltro, anche nelle ultime ore ha ricordato nelle sue riflessioni private che quando si elegge un nuovo capo dello Stato il presidente del Consiglio si presenta al Quirinale dimissionario. Certo, trattasi di dimissioni di cortesia, per prassi sempre respinte. Ma il precedente del 1955 (governo Scelba quando venne eletto Gronchi) lascia pensare che il premier contempli anche scenari meno concilianti. Di certo, l'ex Bce non sembra al momento considerare una sua permanenza a Chigi dopo il voto sul Colle. Ovviamente, a meno di un bis di Mattarella.

Scenario, quest'ultimo, che il diretto interessato continua a respingere con forza. Ma che la complessità della situazione torna a riproporre. Se al Quirinale si preparano gli scatoloni da mandare a Palazzo Giustiniani - l'assegnazione delle stanze al futuro ex presidente è stata oggetto di alcune tensioni nell'individuazione dei locali adatti, con una disputa tra piano nobile e ammezzato - a Palazzo Chigi c'è chi nell'entourage ristretto di Draghi ha già chiesto consulenza agli uffici giuridici per capire come cambierebbe il suo contratto in caso di «trasloco» al Colle.

In questo quadro piuttosto caotico e difficile da decifrare, di certo c'è l'intenzione di Mattarella di rimanere in disparte. Perché ha ragione Mastella quando dice che se il Parlamento decidesse di rieleggerlo «non potrebbe certo fare come Celestino V», ma non c'è dubbio che il capo dello Stato guardi a questo scenario come all'ultima ratio. Non è un caso che Mattarella sia sparito dai radar, tanto che in questi primi giorni del 2022 si è limitato a una presenza alla finale di Coppa Italia di pallavolo femminile e a un incontro con l'astronauta Cristoforetti e i vertici dell'Esa. Per il resto, si è inabissato. E continuerà a farlo fino al voto sul suo successore. Anzi, starebbe valutando l'idea di una nota ufficiale come quella con cui Ciampi - era il 3 maggio 2006 - confermò la sua indisponibilità a un settennato bis.

Poi, certo, se il Parlamento finisse davvero per impantanarsi farebbe fatica a tirarsi indietro davanti ad un appello corale. È la ragione per cui nelle ultime 48 ore avrebbe messo da parte l'idea di dimettersi se al 3 febbraio ancora non ci sarà il successore.

È vero che risolverebbe un complicato groviglio costituzionale - dopo la scadenza del mandato presidenziale non c'è una regola che normi chiaramente se c'è la prorogatio o la supplenza del presidente del Senato - ma darebbe anche un pericoloso segnale di drammatizzazione della situazione. Certificando, peraltro, l'incapacità della politica di farsi carico del suo ruolo.

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